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Lunedì 8 Settembre 2025 17:09

Un Anello Ferroviario per una Roma sostenibile e rispettosa del territorio: la Regione Lazio risponda ai cittadini

Mentre tecnici e comitati di quartiere, come il FVCTQ, continuano a mobilitarsi e a proporre soluzioni per modificare l’attuale progetto di chiusura dell’anello ferroviario di Roma, la Regione Lazio sembra costringere i cittadini a ricorrere al TAR o addirittura all’intervento del Presidente della Repubblica

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Sono oltre trent’anni che si parla della chiusura dell’anello ferroviario, ma il progetto oggi promosso da RFI — sotto la guida del nuovo Commissario straordinario, ing. Giampiero Strisciuglio — presenta numerose criticità.

In linea di principio, un’opera di questa portata dovrebbe rispettare i valori democratici: partecipazione pubblica, trasparenza dei processi decisionali, ricerca del massimo beneficio collettivo e riduzione degli impatti negativi sulla comunità e sull’ambiente. Questi obiettivi erano stati richiamati anche nel dibattito pubblico promosso a suo tempo dalla Regione Lazio. Tuttavia, osservazioni, proposte e preoccupazioni avanzate dai cittadini non sono state considerate da RFI.

Il progetto attuale prevede il completamento dell’anello fra le stazioni di Valle Aurelia e Roma Tiburtina, con nuove bretelle di collegamento alla linea Tirrenica e alla Linea Lenta per Firenze, così da creare un itinerario di gronda per il traffico merci intorno alla Capitale. Un piano che suscita forti perplessità.

In particolare, i residenti dei quartieri Vigna Clara, Fleming e Tor di Quinto riconoscono l’urgenza di potenziare i collegamenti ferroviari, fondamentali per i pendolari. Tuttavia, contestano l’attuale impostazione del progetto, che comporterebbe un impatto ambientale pesante, rischi per la sicurezza e gravi danni al patrimonio immobiliare e alla qualità della vita. Solo lungo le prime tre vie prospicienti i binari si stimano oltre 1.700 famiglie direttamente coinvolte.

Le richieste avanzate dai cittadini, anche in sede amministrativa, sono sempre state chiare:

  • individuare un tracciato alternativo,
  • evitare la costruzione della Sotto Stazione Elettrica (SSE) e di altre opere civili e impiantistiche nel cuore di un’area densamente abitata,
  • valutare soluzioni progettuali diverse, come l’interramento dei binari, già adottato da RFI in altri quartieri (es. Pigneto),
  • prevenire il ripetersi dei danni agli immobili già verificatisi negli anni ’90 a Vigna Clara e Fleming.
La prospettiva di convivere quotidianamente, 24 ore su 24, con il passaggio stimato di almeno 284 treni tra merci e passeggeri davanti alle finestre delle abitazioni appare insostenibile, soprattutto in considerazione della particolare conformazione della collina Fleming.

Secondo comitati e professionisti del settore, il progetto esecutivo di RFI per il raddoppio della tratta Vigna Clara–Valle Aurelia (lotti 1/A e 1/B) non tiene conto né delle prescrizioni legate al parere di VIA né delle osservazioni dei residenti, che subirebbero l’impatto più gravoso.

Ad oggi, i ripetuti tentativi di dialogo documentati con la Regione Lazio, finalizzati a introdurre modifiche a due punti fondamentali del progetto, sono rimasti senza esito.

Un ulteriore elemento critico riguarda la procedura commissariale. Il decreto di nomina del Commissario straordinario attribuisce a quest’ultimo poteri talmente ampi da rendere irrilevante qualsiasi richiesta di confronto pubblico, anche in caso di modifiche sostanziali all’opera. Il Commissario, di fatto, è sia controllore sia controllato. Va inoltre sottolineato come la nomina stessa appaia discutibile: al momento della prima designazione, l’iter istruttorio per la stazione di Vigna Clara era già avanzato, con il lotto 1A autorizzato alla VIA e il lotto 1B in fase di revisione.

L’accentramento dei poteri in capo al Commissario comporta conseguenze gravi: riduce la trasparenza, limita la partecipazione dei cittadini e indebolisce il dialogo tra amministrazioni e comunità locali — un principio cardine del buon governo. I residenti più esposti agli impatti sanitari, ambientali ed economici si trovano così esclusi dalla possibilità di consultare atti, partecipare a riunioni istruttorie e incidere sul processo decisionale.

In generale, la nomina di Commissari dotati di ampi poteri determina uno scavalcamento delle competenze delle amministrazioni territoriali (urbanistica, ambiente, mobilità, soprintendenze). Viene così sottratta ai territori la possibilità di verificare la qualità progettuale, la correttezza delle procedure di gara, la sicurezza delle opere e le ricadute sul tessuto urbano. Funzioni che le amministrazioni locali sarebbero in grado di svolgere attraverso le proprie strutture tecniche e amministrative.

Un tale assetto riduce la trasparenza e mina il principio di accountability, lasciando i cittadini privi di strumenti di tutela pur essendo i primi a subire gli effetti delle decisioni.

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