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Mercoledì 10 Settembre 2025 10:09

Nepal: esplode la protesta della Generazione Z



Violenta ondata di agitazioni contro la classe politica accusata di corruzione, nepotismo e clientelismo. 21 i morti e oltre 400 i feriti negli scontri con la polizia. Vicinanza della Chiesa locale

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È esplosa in questi giorni la rabbia dei giovani della Generazione Z in Nepal, che protestano contro la corruzione, il nepotismo e clientelismo della classe politica, la stessa al potere da anni nel Paese asiatico. Dall’8 settembre sono iniziate proteste che hanno portato alla repressione da parte delle forze dell’ordine, con finora 21 morti e oltre 400 feriti. La scintilla che ha fatto esplodere la rabbia è stata la chiusura, venerdì scorso, delle maggiori piattaforme social (tra cui Facebook, X, Linkedin e YouTube), perché non si erano registrate presso le autorità entro la scadenza. Ma il malumore covava da tempo. Le nuove generazioni sono costrette ad assistere al malgoverno del Paese, finalizzato solo al perseguimento di interessi e privilegi personali.

«Stanno uccidendo i nostri fratelli! Siamo accanto ai nostri coetanei e appoggiamo le ragioni della protesta. Speriamo che cambi il sistema e arrivino al governo buoni leader, più giovani e preparati. Siamo un popolo pacifico e cerchiamo solo la giustizia sociale». A parlare al Sir in maniera partecipe e appassionata sono Santa e Ranju (nomi di fantasia per rispettarne la richiesta di anonimato), due giovani cattolici nepalesi, in questi giorni in Italia per partecipare alle canonizzazioni di Carlo Acutis e Pier Giorgio Frassati. Stanno seguendo l’evolversi della situazione da Roma con apprensione, emozione e un briciolo di speranza. In Nepal i cattolici sono una piccola minoranza di circa 8mila persone, su 30 milioni di abitanti, di cui l’80% induisti, il resto buddisti e musulmani. I manifestanti hanno dato fuoco al Parlamento, alla Corte suprema e al distretto giudiziario, ad abitazioni, scuole e veicoli di proprietà dei politici. Le proteste hanno portato alle dimissioni del primo ministro Khadga Prasad Sharma Oli, 73 anni, quattro volte primo ministro e leader del Partito Comunista. Il blocco delle 26 piattaforme social è stato revocato e ora la protesta ha nuovi spazi per esprimersi. L’aeroporto internazionale della capitale Katmandu è ancora chiuso, causando grandi disagi per il traffico aereo internazionale. Il presidente del Nepal Ramchandra Paudel ha invitato tutti «a collaborare per una risoluzione pacifica della difficile situazione del Paese».

«La polizia ha deposto le armi. Si sono scusati con i manifestanti dicendo che non uccideranno più – riferiscono i giovani cattolici nepalesi -. I politici si stanno nascondendo perché sanno che rischiano la vita». La moglie dell’ex primo ministro nepalese Jhalanath Khanal, è morta in ospedale dopo aver riportato gravi ferite nell’incendio della loro residenza. «Finora le stesse famiglie si sono spartite il potere e hanno tenuto fuori dai giochi i giovani politici emergenti – spiegano -. Speriamo che si facciano da parte e diano finalmente spazio a chi vuole ristabilire la giustizia sociale nel Paese».  Tra i politici che si sono subito schierati a fianco della piazza c’è Balendra Shah, un rapper 35enne diventato sindaco di Kathmandu due anni fa. In queste ore ha invitato i manifestanti alla moderazione, a negoziare con il capo dell’esercito e a insistere per lo scioglimento del Parlamento in carica. Il fatto che un giovane indipendente, senza esperienza politica, sia riuscito a vincere nella roccaforte dei due maggiori partiti politici – il Partito comunista del Nepal (Uml) e il Congresso – era stato un segnale del diffuso malcontento dell’opinione pubblica.

Gli ideali dei giovani e studenti che protestano «sono buoni, chiedono un buon governo, un futuro di prosperità e di sviluppo», ha commentato padre Silas Bogati, amministratore apostolico del Vicariato del Nepal all’agenzia Fides. I giovani «sono tristi e frustrati per le mancanze dei governanti. Questa frustrazione è degenerata in rabbia e anche in atti violenti e vandalici, dopo che i loro coetanei sono stati uccisi dalla polizia. Siamo in un momento molto delicato, i giovani sono in strada e hanno intenzione di continuare la protesta fino alle dimissioni del governo. Come piccola comunità cattolica – conclude – siamo una goccia nel mare in Nepal» ma «siamo parte del Paese e condividiamo l’anelito verso la giustizia e il buon governo. Lo facciamo soprattutto presentando ai ragazzi e ai giovani, nella nostra opera di istruzione e nel settore educativo, i principi e i valori della dottrina sociale della Chiesa, come giustizia, pace, sicurezza, trasparenza, solidarietà, bene comune».

L’Ue ha espresso «profondo rammarico per le vittime e le violenze causate dalle manifestazioni in corso in Nepal. Gli omicidi dovrebbero essere oggetto di indagini indipendenti». Anche Amnesty International ha chiesto «un’indagine completa, indipendente e imparziale» sulle circostanze dell’intervento della polizia. (Patrizia Caiffa)

10 settembre 2025

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