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Sabato 13 Settembre 2025 15:09

Riarmo: forza della ragione? No, necessaria la ragione della forza

A quale epoca del Novecento somiglia di più il nostro presente: pre-1914 o pre-1939? La lettura storica che indirizza la politica - 

#politica
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C’è un nodo interpretativo, spesso sottovalutato, che pesa come una lente deformante sul modo in cui intellettuali, media e decisori politici leggono l’attuale fase storica: a quale epoca del Novecento somiglia di più il nostro presente?

Due sono i modelli a confronto. Da un lato, il mondo del 1914, multipolare, instabile, percorso da nazionalismi e da una corsa agli armamenti che culminò nella Prima guerra mondiale. Dall’altro, il mondo del 1939, segnato dall’espansionismo di regimi autoritari, dalla debolezza delle democrazie occidentali e dalla fatale illusione dell’appeasement.

La risposta a questa domanda non è accademica: è politica. Perché ogni lettura storica produce una visione strategica, e ogni visione strategica determina le scelte concrete, dal riarmo alla diplomazia.

1914: la paura dell’escalation
Chi assimila il presente al pre-1914 lo fa richiamando i pericoli della spirale dell’escalation militare, dell’automatismo delle alleanze, della perdita di controllo politico sugli eventi. Secondo questa prospettiva, il mondo oggi è troppo armato, troppo aggressivo, troppo fragile, e l’unico antidoto sarebbe la moderazione, il disarmo selettivo, la diplomazia multilaterale.

È una visione che trova eco soprattutto in Europa, dove il pacifismo postbellico e il ricordo delle tragedie del Novecento hanno alimentato una diffidenza verso la logica della deterrenza
militare. Il riarmo viene vissuto non come una necessità, ma come un ritorno a un passato oscuro.

1939: la miopia dell’appeasement
Ma la realtà sembra raccontare un’altra storia. Dal 2008 (Georgia), al 2014 (Crimea), fino all’invasione dell’Ucraina nel 2022, la Russia ha mostrato un atteggiamento apertamente revisionista, cercando di modificare i confini internazionali con la forza. Il tutto accompagnato da una retorica ideologica aggressiva che nega l’identità stessa di nazioni sovrane. Allo stesso tempo, la Cina rafforza la sua postura assertiva nello spazio indo-pacifico e punta alla riunificazione forzata con Taiwan. L’Iran destabilizza il Medio Oriente con una rete di proxy armati.

Non siamo di fronte a un mondo multipolare instabile e caotico, ma a blocchi contrapposti, dove alcune potenze autoritarie agiscono con intenzionalità strategica. In questo contesto, la
debolezza occidentale non previene i conflitti: li alimenta. Come negli anni ’30.

L’incongruenza europea
È qui che emerge l’incongruenza. Molti commentatori europei diagnosticano una crisi “alla 1914”, ma vivono in un contesto “alla
1939”. Invocano la moderazione in un mondo che punisce la debolezza. Osteggiano il riarmo europeo proprio mentre cresce la necessità di una difesa credibile. Chiedono più diplomazia, ma ignorano che senza deterrenza la diplomazia diventa un atto formale.

L’Europa ha creduto troppo a lungo che bastasse il soft power per mantenere la pace. Ma il soft power funziona solo dove esiste un ordine condiviso. Quando l’ordine è sfidato frontalmente, serve capacità di difesa, coerenza strategica e volontà politica.

Riarmo: minaccia o responsabilità?
Il riarmo europeo non va visto come una “corsa agli armamenti”, ma come una ricostruzione della propria credibilità geopolitica. L’obiettivo non è la guerra, ma evitare che qualcuno la scateni sentendosi impunibile. La storia lo insegna: fu l’assenza di deterrenza, non l’eccesso, a rendere inevitabile la Seconda guerra mondiale.

Una nuova cultura strategica
In definitiva, leggere il presente come un ritorno al 1914 porta a decisioni sbagliate, o peggio, alla paralisi. È il momento di riconoscere che viviamo in un’epoca che somiglia più agli anni ‘30.
E come allora, la posta in gioco è la difesa dell’ordine liberale, dei confini, del diritto internazionale e, in ultima istanza, della libertà.

Non è un appello al bellicismo, ma alla lucidità: la pace si mantiene con la forza della ragione, ma anche con la ragione della forza.
La storia non si ripete mai uguale. Ma se la leggiamo male, può punirci due volte. (Bruno Carboniero)

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