Mercoledì 17 Settembre 2025 15:09
Antrim e le stimmate dello scrittore


In "Un venerdì di aprile", un viaggio negli inferi della malattia mentale, alla scoperta di una umanità "scorticata", attraverso la quale osservare le forme naturali che ci appartengono
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Sapevamo che Donald Antrim, nato a New York nel 1958, aveva le stimmate del vero scrittore: si capiva subito dai suoi primi romanzi, Votate Robinson per un mondo migliore (1993), I cento fratelli (1998) e Il verificazionista (2000), senza dimenticare la raccolta di racconti, La luce smeraldo nell’aria (2014). Tale convinzione, rafforzata con La vita dopo (2006), memoir dedicato alla madre, straordinaria performance stilistica, trova una definitiva conferma grazie a Un venerdì di aprile (sottotitolo: Storia di suicidio e sopravvivenza), tradotto, come il precedente, da Cristina Mennella per Einaudi.
Composto in prima persona, quasi fosse il referto di uno psicotico, lucido, delirante e trasognato, sempre sul filo dell’allucinazione sebbene intriso di cronaca medica, come dimostra l’annessa folta bibliografia specialistica, sin dall’esordio inchioda il lettore, alla maniera delle Memorie dal sottosuolo di Dostoevskij o del Diario di un pazzo di Gogol. Antrim ha dettato il testo a sé stesso, senza capitoli né interruzioni, con un rigore sintattico-esistenziale conquistato al termine di una tragica notte interiore. Così noi sprofondiamo insieme a lui negli inferi della malattia mentale. Eppure se dovessimo provare a stringere in una sola definizione la sostanza più autentica di questo libro estremo dovremmo ammettere che quel che ci dice sull’ossessione autodistruttiva del protagonista, ricoverato quattro mesi al quinto piano del New York State Psychiatric Institute, al 1051 di Riverside Drive, corrisponde a una rivelazione solo in apparenza sconcertante: il demente è un essere umano scorticato, attraverso il quale possiamo osservare le forme naturali che ci appartengono.
«Cosa accade ai bambini trascurati? Da bambini non capiamo che la nostra solitudine e la mancanza di affetto diventeranno un destino, una solitudine che proveremo per tutta la vita». Con i genitori alcolizzati, l’infanzia tribolata, Donald e sua sorella avevano poche speranze di farla franca. All’indomani della pubblicazione di La vita dopo, lo scrittore, invece di andare alle presentazioni editoriali, si trova costretto nello stanzone in alto sulle rive dell’Hudson, uno dei punti più belli della Grande Mela, dove a ogni tramonto la luce del New Jersey non si stanca di fare i ghirigori sui grattacieli di Manhattan, dalla parte opposta rispetto al Bellevue Hospital Center, che tanti anni prima aveva ospitato Malcolm Lowry, spingendolo a scrivere Caustico lunare, un altro capolavoro che mi è tornato in mente leggendo questo. Nel momento in cui i medici gli propongono l’elettroshock (inventato nel 1941 da un neurologo italiano, Ugo Cerletti), Donald recalcitra. Sarà David Foster Wallace a convincerlo con una lunga commovente telefonata: drammatica ironia della sorte, mentre il celebre autore di Infinite Jest si impiccherà nel 2008, alla fine dell’estate, Antrim riuscirà a guarire.
17 settembre 2025
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