Giovedì 18 Settembre 2025 12:09
Il bullismo, «sconfitta per tutto il sistema educativo»


Paolo, 14 anni, si è tolto la vita alla vigilia del rientro in classe. Lo psicoterapeuta Pellai invita scuole e adulti a diventare comunità educanti: «Ogni ragazzo ha diritto a sentirsi protetto»
L'articolo
Il bullismo, «sconfitta per tutto il sistema educativo»
proviene da RomaSette
.
#in italia #alberto pellai #bullismo a scuola #paolo mendico #sistema educativo #vetrina
leggi la notizia su RomaSette


Un ragazzo sensibile, appassionato di musica e di pesca, benvoluto da chi lo conosceva davvero, ma da anni vittima di bullismo. Una storia di dolore e solitudine quella di Paolo Mendico, 14 anni, che in provincia di Latina l’11 settembre si è tolto la vita poche ore prima del ritorno in classe. Mentre la Procura di Cassino indaga per istigazione al suicidio, il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha disposto ispezioni nelle scuole frequentate dal giovane. «Serve una comunità educante che non volti lo sguardo dall’altra parte», avverte Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta dell’età evolutiva e autore di numerosi libri sulla genitorialità, l’adolescenza e la prevenzione del disagio giovanile. Proprio nei giorni scorsi l’uscita dell’ultimo, “Esci da quella stanza”, firmato insieme alla moglie e collega Barbara Tamborini (ed. Mondadori).
Dottor Pellai, la tragedia di Paolo ha scosso l’Italia. Che cosa ci dice questo episodio sulle difficoltà e fragilità dei nostri adolescenti
Oggi l’adolescenza affronta le stesse sfide di 20 o 30 anni fa, ma in un contesto molto più complesso e pieno di trappole. Paolo viveva come in trincea, nel mondo reale e in quello virtuale, con una fortissima percezione di impotenza. Non riusciva a tutelarsi né a mantenersi integro. Il gesto estremo compiuto il giorno prima del ritorno in classe ci dice che anche la scuola era per lui un campo di battaglia, non quel luogo sicuro che dovrebbe essere.
Oggi l’adolescenza affronta le stesse sfide di 20 o 30 anni fa, ma in un contesto molto più complesso e pieno di trappole. Paolo viveva come in trincea, nel mondo reale e in quello virtuale, con una fortissima percezione di impotenza. Non riusciva a tutelarsi né a mantenersi integro. Il gesto estremo compiuto il giorno prima del ritorno in classe ci dice che anche la scuola era per lui un campo di battaglia, non quel luogo sicuro che dovrebbe essere.
I suoi genitori affermano di avere più volte segnalato le vessazioni alla scuola, ma di non aver ricevuto risposte.
Se le indagini e le ispezioni confermeranno che la scuola, ambiente deputato all’educazione, non ha saputo cogliere il problema, significa che il luogo educativo per eccellenza ha fallito. Cambiare scuola, come spesso suggerisce il terapeuta in casi simili, non dovrebbe essere una fuga, ma una scelta. Non vedere il dolore di un ragazzo che chiede aiuto e non essere in grado di proteggerlo è una sconfitta dell’intero sistema.
Se le indagini e le ispezioni confermeranno che la scuola, ambiente deputato all’educazione, non ha saputo cogliere il problema, significa che il luogo educativo per eccellenza ha fallito. Cambiare scuola, come spesso suggerisce il terapeuta in casi simili, non dovrebbe essere una fuga, ma una scelta. Non vedere il dolore di un ragazzo che chiede aiuto e non essere in grado di proteggerlo è una sconfitta dell’intero sistema.
Che cosa scatta nella mente di un ragazzo bullizzato per portarlo a un gesto senza ritorno?
Il suicidio nasce da una disperazione profonda, dalla totale perdita di speranza che le cose possano cambiare. Quando un adolescente si sente invisibile, non ascoltato, impotente, la vita perde senso. Se non c’è una via d’uscita, si chiede: “Che cosa sto a fare qui ?”. È una condizione devastante, soprattutto se nessuno interviene.
Il suicidio nasce da una disperazione profonda, dalla totale perdita di speranza che le cose possano cambiare. Quando un adolescente si sente invisibile, non ascoltato, impotente, la vita perde senso. Se non c’è una via d’uscita, si chiede: “Che cosa sto a fare qui ?”. È una condizione devastante, soprattutto se nessuno interviene.
Perché è tanto difficile per un ragazzo così giovane elaborare strategie di resilienza?
A 14-15 anni non si ha ancora la capacità di autonarrazione evoluta. Un adulto può dire: “Fra tre anni sarai tu, con la tua sensibilità e le tue competenze, a guardare dall’alto in basso chi ti ha fatto soffrire”. Ma per un adolescente, che vive nel presente assoluto, è molto difficile avere questo livello di elaborazione. E se quel presente è insopportabile, non vede alternative.
A 14-15 anni non si ha ancora la capacità di autonarrazione evoluta. Un adulto può dire: “Fra tre anni sarai tu, con la tua sensibilità e le tue competenze, a guardare dall’alto in basso chi ti ha fatto soffrire”. Ma per un adolescente, che vive nel presente assoluto, è molto difficile avere questo livello di elaborazione. E se quel presente è insopportabile, non vede alternative.
Lei parla spesso di educazione emotiva. In che modo può aiutare a prevenire il bullismo?
L’educazione emotiva dà ai ragazzi la competenza, ossia la capacità, di sentire le proprie emozioni e quelle degli altri. Il bullo, viceversa, emotivamente incompetente, vede il dolore che provoca, ma ne è indifferente e anzi prosegue nei suoi comportamenti vessatori. All’interno di un gruppo educato all’empatia, invece, anche lo spettatore di atti di bullismo è portato ad empatizzare con la vittima diventando protettore, non complice.
L’educazione emotiva dà ai ragazzi la competenza, ossia la capacità, di sentire le proprie emozioni e quelle degli altri. Il bullo, viceversa, emotivamente incompetente, vede il dolore che provoca, ma ne è indifferente e anzi prosegue nei suoi comportamenti vessatori. All’interno di un gruppo educato all’empatia, invece, anche lo spettatore di atti di bullismo è portato ad empatizzare con la vittima diventando protettore, non complice.
Ritornando alla scuola: quale dovrebbe essere il suo ruolo?
La scuola deve essere un luogo emotivamente competente. Serve un referente interno, riconosciuto da tutti, al quale vittime e testimoni possano rivolgersi con fiducia e in totale riservatezza. Questa figura deve ascoltare, verificare, coinvolgere la vittima e il bullo in un processo di riparazione, e monitorare il percorso. Deve, in altri termini, accendersi una “videocamera adulta” sul disagio, per impedire che si ripeta.
La scuola deve essere un luogo emotivamente competente. Serve un referente interno, riconosciuto da tutti, al quale vittime e testimoni possano rivolgersi con fiducia e in totale riservatezza. Questa figura deve ascoltare, verificare, coinvolgere la vittima e il bullo in un processo di riparazione, e monitorare il percorso. Deve, in altri termini, accendersi una “videocamera adulta” sul disagio, per impedire che si ripeta.
Il ministro Valditara ha parlato di una stretta sulla legge 70/2024. Può bastare o serve un cambiamento culturale più profondo?
La legge è importante, ma non basta. Il problema non è solo punire, ma chiedersi: perché ragazzi così giovani producono danni così grandi? Che cosa è mancato nel loro percorso di crescita? Quello che serve è piuttosto un ambiente educativo che alleni all’empatia, al rispetto, alla cooperazione. Dobbiamo insegnare ad essere squadra, non branco.
La legge è importante, ma non basta. Il problema non è solo punire, ma chiedersi: perché ragazzi così giovani producono danni così grandi? Che cosa è mancato nel loro percorso di crescita? Quello che serve è piuttosto un ambiente educativo che alleni all’empatia, al rispetto, alla cooperazione. Dobbiamo insegnare ad essere squadra, non branco.
Il mondo digitale ha un ruolo in tutto questo?
Sì. I ragazzi oggi “si allenano” alla vita nel mondo virtuale, che non ha cura né tutela dei principi educativi. Non è il web il nemico, ma l’assenza di una guida adulta e competente. Il digitale contribuisce alla disumanizzazione della crescita; nel tempo dell’età evolutiva dobbiamo invece coltivare intensamente l’umanità.
Sì. I ragazzi oggi “si allenano” alla vita nel mondo virtuale, che non ha cura né tutela dei principi educativi. Non è il web il nemico, ma l’assenza di una guida adulta e competente. Il digitale contribuisce alla disumanizzazione della crescita; nel tempo dell’età evolutiva dobbiamo invece coltivare intensamente l’umanità.
Che cosa direbbe a un adolescente che le confessasse di sentirsi solo e bullizzato?
Gli direi: “Hai fatto bene a dirmelo. Da oggi non sei più solo, ci sono io con te”. Lo accompagnerei nel percorso di cambiamento, facendogli capire che insieme possiamo trovare il modo per modificare le condizioni che lo fanno soffrire. In quanto psicoterapeuta ho specifici strumenti di lavoro; tuttavia esserci, ascoltare e agire è compito di ogni adulto, nessuno escluso. (Giovanna Pasqualin Traversa)
Gli direi: “Hai fatto bene a dirmelo. Da oggi non sei più solo, ci sono io con te”. Lo accompagnerei nel percorso di cambiamento, facendogli capire che insieme possiamo trovare il modo per modificare le condizioni che lo fanno soffrire. In quanto psicoterapeuta ho specifici strumenti di lavoro; tuttavia esserci, ascoltare e agire è compito di ogni adulto, nessuno escluso. (Giovanna Pasqualin Traversa)
18 settembre 2025
L'articolo
Il bullismo, «sconfitta per tutto il sistema educativo»
proviene da RomaSette
.