L'appello lanciato da oltre 20 organizzazioni umanitarie al lavoro nella Striscia, tra cui Oxfam, alla vigilia dell'assemblea Onu. «Siamo testimoni diretti di morti orribili e sofferenze. Migliaia di vite sono ancora in pericolo»

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Alla vigilia dell’80ª assemblea generale delle Nazioni Unite in programma a New York il 23 e 24 settembre, oltre 20 organizzazioni umanitarie impegnate a Gaza rinnovano l’appello a «fermare il massacro di civili», dopo che la Commissione d’inchiesta internazionale indipendente dell’Onu ha concluso, per la prima volta, che nella Striscia, è in corso un genocidio. «Chiediamo a tutti gli Stati membri di agire in conformità con il mandato affidato all’Onu 80 anni fa – si legge nel testo -. Quello a cui stiamo assistendo a Gaza non è solo una catastrofe umanitaria senza precedenti, ma ciò che la Commissione d’Inchiesta dell’Onu ha ora definito un genocidio. La Commissione si unisce a un numero crescente di organizzazioni per i diritti umani e di leader a livello globale, compresi quelli all’interno dello Stato di Israele».

I direttori generali delle organizzazioni firmatarie denunciano che «la disumanità della situazione a Gaza è inimmaginabile. Come organizzazioni umanitarie, siamo stati testimoni diretti delle morti orribili e delle sofferenze del popolo di Gaza. I nostri appelli sono stati ignorati e migliaia di vite sono ancora in pericolo. Adesso, dopo che il governo israeliano ha ordinato lo sfollamento in massa di Gaza City, casa di quasi un milione di persone, la tragedia di Gaza si avvierà a una fase ancora più devastante, se non verranno prese misure concrete. La Striscia, infatti, è stata deliberatamente resa inabitabile».

Lo “raccontano” i numeri: «Circa 65mila palestinesi sono stati uccisi, di questi oltre 20mila sono bambini. Migliaia sono dispersi, sepolti sotto le macerie che hanno preso il posto delle strade animate di Gaza. Su una popolazione di 2,1 milioni, 9 persone su dieci sono state sfollate con la forza, la maggior parte più volte, in spazi sempre più piccoli tanto da non permetterne la sopravvivenza», proseguono i firmatari dell’appello, evidenziando che «più di mezzo milione di persone sta morendo di fame. Da quando la carestia è stata dichiarata, sta continuando a diffondersi. Il mix di fame e privazione fisica si traduce nella morte quotidiana di tantissime persone». Ancora, «in tutta Gaza, intere città sono state rase al suolo, insieme alle infrastrutture pubbliche essenziali per la sopravvivenza, come ospedali e impianti di trattamento dell’acqua. I terreni agricoli sono stati sistematicamente devastati».

Se fatti e numeri non dovessero bastare, rimarcano i responsabili delle ong, «ci sarebbero molteplici storie strazianti a testimonianza». Eppure «i leader mondiali restano inermi. I fatti vengono ignorati», ammoniscono, ricordando che «le nostre organizzazioni, insieme a gruppi della società civile palestinese, all’Onu e alle organizzazioni israeliane per i diritti umani, possono agire solo fino a un certo punto. Abbiamo cercato instancabilmente di difendere i diritti del popolo di Gaza e di sostenere l’assistenza umanitaria, ma veniamo ostacolati di continuo. Ci è stato negato l’accesso e si è rivelata fatale la militarizzazione del sistema di aiuti. Migliaia di persone sono state attaccate, mentre cercavano di arrivare ai pochi siti dove il cibo viene distribuito sotto scorta armata».

I referenti delle ong concludono con l’esortazione ai governi ad «agire ora per prevenire la distruzione della vita nella Striscia di Gaza e per porre fine alle brutalità e all’occupazione. Tutte le parti – aggiungono – devono rinunciare alla violenza, rispettare il diritto umanitario internazionale e perseguire la pace».

18 settembre 2025

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