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Venerdì 19 Settembre 2025 14:09

VOCI DI ROMA: i doppiatori romani che hanno fatto la storia del cinema

VOCI DI ROMA: i doppiatori romani che hanno fatto la storia del cinema Le loro voci non compaiono mai sullo schermo, non calcano red carpet e non firmano autografi. Eppure restano scolpite nella memoria di generazioni di spettatori. Sono le voci che hanno dato vita ai divi di Hollywood in italiano, trasformando emozioni lontane in […]

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Le loro voci non compaiono mai sullo schermo, non calcano red carpet e non firmano autografi. Eppure restano scolpite nella memoria di generazioni di spettatori. Sono le voci che hanno dato vita ai divi di Hollywood in italiano, trasformando emozioni lontane in sentimenti familiari, parole straniere in battute che sembrano scritte apposta per noi.
Dietro ogni “ti amo”, ogni risata contagiosa o urlo disperato, c’è un’arte invisibile che ha reso il cinema internazionale
un’esperienza tutta nostra: il doppiaggio. E Roma, con i suoi studi storici e i suoi maestri del microfono, è la capitale indiscussa di questa magia nascosta. È lì che attori dalla voce camaleontica si trasformano in eroi d’azione, principesse, cattivi senza scrupoli e persino in cartoni animati pronti a farci ridere fino alle lacrime.
Pensateci: quanti di noi hanno riconosciuto un attore americano non dal volto, ma da quel timbro familiare che ci accompagna da una vita? A volte capita persino di restare spiazzati: “Ma come, non è lui che parla così?” Eh no, quella voce appartiene a un artista che lavora nell’ombra, con lo stesso impegno di chi sta davanti alla macchina da presa.
Il doppiaggio è un mestiere di precisione, ma anche di pura fantasia. È un po’ come il gioco delle maschere: ogni giorno puoi essere chiunque, basta modulare la voce. E così, tra una battuta tagliata e un labiale difficile da seguire, nascono piccole magie che fanno sembrare naturali persino le frasi più impossibili.
Roma non è solo la città del Colosseo e della pasta alla carbonara: è anche la patria di quelle voci che hanno reso
immortali i nostri film preferiti. Voci che non si vedono, ma che ci entrano dentro e ci restano, come vecchi amici che ci parlano dal grande schermo.


Archivio Luce, Cinema Galleria, Galleria Colonna, 1962

Tutto nacque durante gli anni ’30 del Novecento quando arrivò in Italia il cinema sonoro e insieme ad esso, anche le conseguenti leggi che obbligavano la traduzione dei film stranieri, per volontà del regime fascista. Questa pratica divenne necessaria per la riproduzione cinematografica e la conseguente necessità di creare luoghi adatti portò alla costruzione dei primi studi di doppiaggio, concentrati in particolare a Roma.
Nascono così la FotoVox, l’Italia Acustica e la Fono Roma, i primi tre studi dediti unicamente alla traduzione e doppiaggio delle pellicole estere.
Tra questi, la Fono Roma divenne il principale studio grazie al forte sostegno che ricevette dalle grandi major americane, quali la 20th Century Fox, la Paramount e la Warner Bros. Roma e l’Italia diventarono da quel momento il fulcro della nascente industria del doppiaggio e le star di Hollywood trovarono una “seconda voce” che parlava e arrivava al cuore del pubblico italiano.


Film “Darò un milione”, 1935

Il doppiaggio però, non era (e non è tutt’ora) solo una semplice traduzione, ma una vera e propria interpretazione e recitazione capace di restituire emozioni e sfumature il più possibile fedeli alle intenzioni dell’attore straniero. Nascono con il tempo grandi maestri di un’arte tanto interessante quanto complessa, come per esempio Lydia Simoneschi, ritenuta forse, la prima grande maestra. Il suo timbro raffinato riuscì a rendere dive personaggi come Bette Davis o Joan Crawford.
Insieme a questi grandi nomi, Giuseppe Rinaldi, interprete italiano di Paul Newmann, portò sullo schermo sia la leggerezza che una grandissima forza drammatica. O ancora, Andreina Pagnani, diede la voce ad incredibili attrici come Katharine Hepburn e Ingrid Bergman.
Insomma, grandi attori teatrali e cinematografici, si affidarono nelle mani di registi dalla grande esperienza come Mario Almirante e cominciarono a realizzare i primi doppiaggi italiani.
Con l’esplosione del cinema internazionale, tra gli anni ’60 e ’80, le voci romane divennero familiari a milioni di italiani. Pino Locchi, ormai, era Sean Connery e Alain Delon, ma anche un giovanissimo John Travolta. Ferruccio Amendola, romano doc, era la voce di Robert De Niro, Al Pacino e Stallone; con la sua voce roca e la sua incredibile capacità di recitazione, ha segnato un’epoca e soprattutto, una generazione di nuovi attori e doppiatori. In questo panorama non può non esserci anche Maria Pia Di Meo con una carriera straordinaria, riuscendo a donare voci eleganti ad attrici come Meryl Streep e Audrey Hepburn adattandosi perfettamente ad ogni sfumatura emotiva, entrando di diritto nella storia del doppiaggio italiano e romano.


Sala doppiaggio Cinecittà

Oggi Roma continua ad essere un laboratorio vitale per il doppiaggio. Basti pensare ad una piccola ma forte battuta di Luca Ward “Al mio segnale, scatenate l’inferno”: il suo timbro possente e inconfondibile ha reso personaggi come il gladiatore interpretato da Russell Crowe, una leggenda. Ma non è l’unico, al loro fianco si muovono figure come Michele Gammino con Harrison Ford e Steven Seagal, Domitilla D’Amico con Scarlett Johansson ed Emma Stone, e ancora Flavio Aquilone, Emanuela Rossi, Marco Vivio, la voce di Spiderman insieme ad uno straordinario Angelo Maggi, anche lui romano fino al midollo, che ha prestato la sua voce a Robert Downey Jr., diventando a tutti gli effetti l’Iron Man italiano. Ma non è finita qui, perché Maggi è noto anche per la sua inconfondibile, e ormai celebre, interpretazione in Forrest Gump e Cast Away, diventando la voce del grande Tom Hanks.

La lista di doppiatori nel panorama romano è lunghissima. Tutti con delle capacità incredibili e delle voci straordinarie. Potremmo definirla “un’arte invisibile”, che ha come obiettivo principale far dimenticare allo spettatore di stare ascoltando una traduzione, per lasciarsi trasportare dall’illusione che l’attore stia parlando in italiano. Dietro questa magia ci sono ore di registrazione, studio, precisione tecnica, sensibilità attoriale, vocale, interpretativa e un’attenta comprensione dei personaggi. Sì, perché il doppiatore deve entrare in una completa empatia con l’attore che sta traducendo e, recitando, deve cogliere le sue sfaccettature, i suoi respiri e le sue espressioni facciali. È un lavoro di interpretazione e adattamento culturale che punta a rendere il linguaggio del cinema universale e super intenso.

Non compaiono sullo schermo ma senza di loro, probabilmente, il cinema estero non sarebbe mai arrivato al cuore degli italiani.
Le loro voci hanno accompagnato generazioni di spettatori, diventando parte integrante dell’immaginario collettivo del nostro Paese.
Da Amendola a Ward, da Di Meo a D’Amico, le voci romane hanno costruito un ponte tra Hollywood e le case italiane, trasformando il doppiaggio in un’arte raffinata e indispensabile. Roma rimane, oggi come ieri, la capitale mondiale di questo mestiere, e le sue voci continuano a regalare emozioni che restano impresse nella memoria di chi le ascolta.

 

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