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Martedì 30 Settembre 2025 10:09

L’eredità di Nosiglia: una «grande testimonianza di amore alla Chiesa»



Nel trigesimo della morte dell'arcivescovo emerito di Torino, la Messa con Reina a San Giovanni. Vicegerente della diocesi di Roma con Ruini, «ha servito questa Chiesa e cercato di farla crescere»

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Instancabile lavoratore nella vigna del Signore, che contribuì al rinnovamento della catechesi in Italia. Pastore capace di coniugare verità e carità, come recitava il suo motto episcopale “Caritas congaudet veritati”. Sacerdote il cui amore alla Chiesa è un esempio da imitare. È il profilo di Cesare Nosiglia, arcivescovo emerito di Torino morto il 27 agosto, tracciato ieri pomeriggio, 29 settembre, dal cardinale vicario Baldo Reina, che ha celebrato la Messa del trigesimo nella basilica di San Giovanni in Laterano. Avrebbe compiuto 81 anni il 5 ottobre. Esercitò parte del suo ministero nella diocesi di Roma dove, per volontà di Papa Giovanni Paolo II, fu vescovo ausiliare dal 1991 al 1996 e vicegerente dal 1996 al 2003.

«Ha servito questa Chiesa e ha cercato di farla crescere soprattutto nell’ambito della catechesi», ha ricordato il porporato. Nato il 5 ottobre 1944 a Rossiglione, in provincia di Genova, monsignor Nosiglia fu ordinato sacerdote il 29 giugno 1968. Inviato a Roma per completare gli studi, conseguì la licenza in Teologia alla Pontificia Università Lateranense e quella in Sacra Scrittura al Pontifico Istituto Biblico. Fu addetto dell’Ufficio Catechistico nazionale della Cei dal 1971 al 1983, divenendone vicedirettore dal 1983 al 1986 e direttore dal 1986 al 1991. Servizio, questo, nel quale si impegnò «alacremente nella riforma della catechesi, a partire dai testi – le parole del cardinale vicario -. Era convinto che l’annuncio del Vangelo ha bisogno di strumenti adeguati al tempo presente. In una società che già all’epoca stava conoscendo profondi cambiamenti culturali, bisognava rinnovare il modo di trasmettere il Vangelo alle nuove generazioni e non solo».

Oltre a studiare e produrre materiale ancora attuale, don Cesare «ha promosso l’aspetto formativo» come raccomandato anche da Papa Leone XIV durante l’assemblea diocesana, ha osservato Reina. «Ha voluto una scuola per i catechisti in ogni prefettura: intuiva che tutto passa da coloro che annunciano la fede». La Messa è stata celebrata nel giorno in cui la Chiesa celebra la festa dei santi arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele. «Don Cesare è stato per questa Chiesa un angelo con il suo servizio, con il suo magistero, con il suo insegnamento – ha affermato ancora Reina -. Un uomo vero, instancabile, che lavorava fino a tardi e, ritornato a casa poi la sera, si metteva in cappella a pregare davanti al Santissimo e ripartiva il giorno dopo con altrettanto impegno ed entusiasmo. Un lavoro in cui credeva profondamente per annunciare il Regno, un lavoro pieno di intelligenza e sapienza». Esempi simili rappresentano, per il vicario, «uno stimolo e una responsabilità».

Più volte Reina ha ribadito il grande amore alla Chiesa vissuto e testimoniato da Nosiglia in ogni sua missione pastorale. Dopo essere stato vicegerente della diocesi di Roma, collaborando con il cardinale vicario Camillo Ruini, nel 2003 fu nominato vescovo di Vicenza e nel 2010 Papa Benedetto XIV lo nominò arcivescovo metropolita di Torino, arcidiocesi che guidò fino al 2022. «Don Cesare ci lascia questa grande testimonianza di amore alla Chiesa – ha rimarcato -. La Chiesa la cambiamo se la amiamo, la rinnoviamo non se la guardiamo a distanza o se magari giudichiamo qualcuno da una parte o dall’altra, ma se siamo disposti a soffrire per lei, a dare la vita alla Chiesa, se ci immergiamo totalmente nelle sue trame, con tutte le difficoltà che conosciamo. Quell’aspetto di amore alla Chiesa è molto presente nella diocesi di Roma, a tutti i livelli. Si vede e si respira che in questa Chiesa di Roma c’è un profondo amore alla realtà ecclesiale. È su questo che dobbiamo fare leva per portare sempre più in alto la Chiesa in tutti i suoi aspetti».

30 settembre 2025

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