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Sabato 11 Ottobre 2025 22:10

Il Papa ai potenti del mondo: «Abbiate l’audacia del disarmo»



Il Rosario per la pace, davanti alla statua della Madonna di Fatima. «La pace non è deterrenza ma fratellanza, non è ultimatum ma dialogo. Non verrà come frutto di vittorie sul nemico, ma come risultato di semine di giustizia e di coraggioso perdono»

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Impariamo dalla Vergine Maria, che con le altre donne si trovava sotto la croce del Figlio Gesù, «a sostare accanto alle infinite croci del mondo, dove Cristo è ancora crocifisso nei suoi fratelli, per portare conforto, comunione e aiuto». E facciamo nostre le parole rivolte da Cristo a Pietro nel Getsemani: «Metti via la spada», un invito che «risuona in particolare oggi». Sono alcune delle sollecitazioni di Papa Leone XIV durante la veglia svoltasi questa sera, sabato 11 ottobre, in piazza San Pietro durante la quale, come chiesto dallo stesso Prevost, è stato recitato il Rosario per invocare, «perseveranti e concordi», il dono della pace, «dono di Dio che deve diventare nostra conquista e nostro impegno».

Riprendendo le prime parole pronunciate dalla loggia centrale della basilica la sera dell’elezione, l’8 maggio scorso, Leone ha invocato una pace «disarmata e disarmante», spiegando che questa «non è deterrenza ma fratellanza, non è ultimatum ma dialogo. Non verrà come frutto di vittorie sul nemico, ma come risultato di semine di giustizia e di coraggioso perdono». Il comando di Gesù a Pietro è lo stesso rivolto oggi «ai potenti del mondo, a coloro che guidano le sorti dei popoli: abbiate l’audacia del disarmo», il deciso invito di Leone. Un’esortazione che allo stesso tempo riguarda «ciascuno di noi, per farci sempre più consapevoli che per nessuna idea, o fede, o politica noi possiamo uccidere. Da disarmare prima di tutto è il cuore, perché se non c’è pace in noi, non daremo pace».

Da parte del Papa anche parole di incitamento a chi quotidianamente si impegna per costruire un mondo di pace. «Coraggio – ha detto -, avanti, in cammino, voi che costruite le condizioni per un futuro di pace, nella giustizia e nel perdono; siate miti e determinati, non lasciatevi cadere le braccia. La pace è un cammino e Dio cammina con voi. Il Signore crea e diffonde la pace attraverso i suoi amici pacificati nel cuore, che diventano a loro volta pacificatori, strumenti della sua pace».

La celebrazione si è svolta nell’ambito del Giubileo della spiritualità mariana che si concluderà domani, domenica 12 ottobre, con la Messa in piazza San Pietro presieduta dal pontefice. La statua originale della Madonna di Fatima, ai piedi della quale Leone si è inginocchiato durante le litanie, è stata portata in processione da alcuni membri dell’associazione Santi Pietro e Paolo dalla parrocchia di Santa Maria in Traspontina di via della Conciliazione. Arrivata in piazza è stata scortata dalle Guardie Svizzere pontificie e dal corpo della Gendarmeria fino al sagrato della basilica. Al passaggio in piazza San Pietro, a pochi passi dal luogo dell’attentato a Papa Giovanni Paolo II il 13 maggio 1981, la statua è stata salutata dai fedeli che sventolavano fazzoletti bianchi e urlavano “Viva Maria”. Nella corona posta sul capo della Vergine è incastonato il proiettile che ferì Papa Wojtyla.

Volgendo lo sguardo verso «la prima dei discepoli», Leone – che all’inizio della veglia ha offerto alla Madonna di Fatima e al Santuario la Rosa d’Oro – ha esortato a chiederle «di ottenerci il dono della compassione verso ogni fratello e sorella che soffre e per tutte le creature». Dopo aver recitato una breve preghiera di padre David Maria Turoldo, che nella Madonna vede il riflesso di tutte le mamme devastate dalla morte di un figlio ucciso, il Papa ha ricordato che le ultime parole della Vergine riportate nel Vangelo, «quasi un testamento», sono state pronunciate durante nozze di Cana quando dice ai servi di fare quanto ordinato da Gesù. «Fate il Vangelo – ha esortato il Papa -, rendetelo gesto e corpo, sangue e carne, fatica e sorriso. Fate il Vangelo, e si trasformerà la vita, da vuota a piena, da spenta ad accesa».

A due giorni dalla pubblicazione dell’esortazione Dilexi te sull’amore verso i poveri, il Papa ha spronato «ad acquisire un punto di vista diverso per guardare il mondo dal basso, con gli occhi di chi soffre, non con l’ottica dei grandi; per guardare la storia con lo sguardo dei piccoli e non con la prospettiva dei potenti; per interpretare gli avvenimenti della storia con il punto di vista della vedova, dell’orfano, dello straniero, del bambino ferito, dell’esule, del fuggiasco. Con lo sguardo di chi fa naufragio, del povero Lazzaro, gettato alla porta del ricco epulone. Altrimenti non cambierà mai niente, e non sorgerà un tempo nuovo, un regno di giustizia e di pace».

Infine il Papa ha recitato una preghiera alla Vergine Madre implorandola, tra l’altro, di insegnare ai suoi figli «a rinunciare all’opaco egoismo per seguire Cristo, vera luce dell’uomo. Vergine della pace, porta di sicura speranza». Suggestivo il momento dell’adorazione eucaristica in una piazza San Pietro avvolta dal silenzio e con migliaia di persone, compreso il Papa, in ginocchio davanti al Santissimo posto sull’altare, a pochi passi dalla statua della Madonna di Fatima. È la quarta volta che la statua ha lasciato il santuario per raggiungere Roma: la prima il 25 marzo 1984 quando Giovanni Paolo II nel Giubileo Straordinario della Redenzione consacrò il mondo al Cuore Immacolato di Maria; la seconda per il Giubileo del 2000 e la terza, nell’ottobre 2013, in occasione dell’Anno della Fede con Papa Francesco.

La veglia, animata dal Coro della diocesi di Roma diretto da monsignor Marco Frisina, si è svolta anche nel 63° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II – e per questo ogni decina del rosario è stata accompagnata dalla lettura di un brano del capitolo VIII del documento conciliare Lumen gentium – e nel giorno in cui la Chiesa fa memoria di colui che lo convocò, san Giovanni XXIII.

11 ottobre 2025

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