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Lunedì 13 Ottobre 2025 12:10

Il popolo della pace in cammino da Peugia ad Assisi



Aperta da un grande striscione con la parola “Fraternità”, la Marcia PerugiAssisi. Forse la più partecipata di sempre. «Una scelta di speranza». Il gruppo di Caritas Roma con il direttore Trincia

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È stata forse l’edizione più partecipata di sempre, quella di ieri, 12 ottobre. La Marcia PerugiAssisi ha trasformato l’intera Umbria in un corteo per la pace: decine di migliaia di persone hanno camminato dal capoluogo umbro alla città di san Francesco per chiedere la fine di tutte le guerra. Tanto che quando la testa del corteo ha raggiunto la Rocca Maggiore di Assisi, Porta San Girolamo, a Perugia, punto di partenza della Marcia, era ancora affollata di “costruttori di pace”. Tanti i giovani, ma anche le famiglie; il mondo dell’associazionismo cattolico ma anche laico; le organizzazioni sindacali e le amministrazioni comunali.

Ad aprire il corteo, un grande striscione giallo con la parola “Fraternità”, portato dai giovani “costruttori di pace”, che richiamava l’enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco. Poi lungo i 24 chilometri del percorso, si sono intrecciate, nel segno della riconciliazione, bandiere della Palestina e di Israele, della Russia e dell’Ucraina. Nella piazza inferiore di San Francesco poi, a pochi metri dalla basilica che custodisce le spoglie del Poverello, le insegne delle parti in guerra si sono “abbracciate” tra loro, per dire no all’odio. E l’area antistante la Rocca Maggiore è stata intitolata “Piazzale della pace”, inaugurata dai sindaci di Assisi e Betlemme.

Ai “costruttori di pace” del 2025 ha indirizzato un messaggio anche Papa Leone, che ha esortato i partecipanti a «implorare il dono della riconciliazione e dalla stabile concordia in quelle parti del mondo segnate dai conflitti», auspicando che la manifestazione «sostenga l’impegno degli organismi internazionali in favore di soluzioni rispettose dei diritti di ciascuno e capaci di creare condizioni necessarie perché finalmente all’odio subentri l’amore, all’offesa il perdono». sono le parole del pontefice, lette dal palco di Assisi dal vescovo Domenico Sorrentino.

Flavio Lotti, coordinatore della Marcia, ha ricordato l’edizione del 2001: «Allora eravamo 200mila, oggi anche di più. Ma non è una gara di numeri: è una scelta di speranza». Una scelta condivisa anche dalla Caritas diocesana di Roma, presente alla Marcia con una nutrita delegazione di operatori e volontari guidata dal direttore Giustino Trincia. «Essere in marcia, come Caritas di Roma, vuole essere una preghiera, una implorazione rivolta a Dio Padre e agli uomini di buona volontà affinché a ogni latitudine cessi la follia e la terribile disumanità di ogni guerra – dichiara -. Per essere animatori della carità è indispensabile essere puri, degli artisti, dei costruttori della pace, partendo proprio da tutti gli ambienti che abitiamo, nelle relazioni corte. Essere pacifisti significa allenare, curare, sviluppare la fraternità, uno dei tratti distintivi dell’amato Papa Francesco e uno dei costanti inviti che il suo successore, Papa Leone XIV, ama fare nei contesti più diversi».

Da Trincia anche una riflessione sulle motivazioni dell’adesione. «Perché siamo in marcia? Per reagire alla rassegnazione e al senso di impotenza che a volte proviamo dinanzi all’aumento delle guerre, con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che vogliamo svolgere in realtà, certi che questo sia uno dei modi migliori per contribuire al Regno di Dio che è un regno di amore. Nelle ultime settimane in molte piazze del mondo si è alzato un grido di pace – ricorda -, una partecipazione dal basso, della società civile, spesso senza bandiere di parte, che si ribella alla logica della guerra, dell’ingiustizia, della sopraffazione dei potenti. Non c’è possibilità alcuna di costruire il bene di tutti senza partire dai diritti, dalla sete di giustizia dei piccoli di questa terra».

Il direttore di Caritas Roma non ha dubbi: «Un altro mondo è possibile, la storia lo dimostra. La pace è vita; è la condizione e la via dello sviluppo per tutti. Questo vale nelle nostre città, nei nostri Paesi, nell’Europa e nel mondo, dove prevale spesso la miopia, l’affievolirsi della mitezza e della tenerezza dei rapporti tra le persone e i popoli a causa del primato del “dio denaro” che uccide, che corrompe, che devasta il pianeta e del prevalere dell’”io a tutti i costi” sul “noi insieme per lo sviluppo umano”. La discriminazione per il benessere non può essere unicamente la fortuna, quella di essere nati nel nord del mondo opulento anziché nel sud povero; quella di essere nati in una famiglia agiata anziché povera, colta invece che analfabeta». Di contro, «camminare sul sentiero di san Francesco unisce tutti coloro che mettono al centro la fraternità come valore universale, riscoprendosi “Fratelli tutti” per raccogliere l’eredità del primo pontefice che si è ispirato al Poverello di Assisi. Grandi sfide ci attendono all’orizzonte e necessitano strade nuove, itinerari inesplorati con al centro la persona nella sua integrità. Come persone, come cittadini di questa terra così sofferente in questo primo scorcio del terzo millennio – conclude -, desideriamo percorrere queste nuove strade avendo come bussole ultime a cui ispirarci la luce che proviene, da una parte, dal Vangelo e, dall’altra, dalla Costituzione italiana e dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, certi di non smarrire mai la via».

13 ottobre 2025

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