Mercoledì 15 Ottobre 2025 21:10
Pizzaballa: la pace va preparata, serve una nuova leadership


Il patriarca di Gerusalemme ha ritirato il premio Achille Silvestrini assegnato al parroco di Gaza. Il Papa: «Coraggiosa e instancabile testimonianza». Il cardinale Parolin: tregua «primo passo fondamentale»
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Tra le macerie di una terra devastata da 735 giorni di guerra che ha mietuto decine di migliaia di vittime e raso al suolo intere città, c’è chi non si è arreso scrivendo con le mani il Vangelo della pace attraverso il servizio. La parrocchia della Sacra Famiglia di Gaza, da oltre due anni, è un rifugio per centinaia di persone. Qui «con generoso spirito di servizio, personale impegno e dedizione si sono adoperati per accogliere, assistere e proteggere un gran numero di rifugiati e di bisognosi, dando una straordinaria testimonianza dei valori della solidarietà, del dialogo e della pace».
È la motivazione del Premio internazionale Achille Silvestrini per il dialogo e la pace assegnato questa sera, 15 ottobre, a padre Gabriel Romanelli, della parrocchia della Sacra Famiglia di Gaza, e ai religiosi della chiesa «simbolo di luce e presidio di umanità», colpita in un raid nel luglio scorso. La cerimonia si è tenuta nel teatro del Collegio universitario di merito di Villa Nazareth. In un messaggio Papa Leone XIV ha espresso ai partecipanti «fraterno apprezzamento ai premiati per la loro coraggiosa e instancabile testimonianza in un contesto particolarmente grave e pericoloso, a fianco dei più vulnerabili e di quanti hanno perso ogni cosa». Prevost assicura inoltre la sua preghiera affinché la parrocchia «possa continuare la sua missione a servizio dei più deboli, per donare conforto e coltivare in ciascuno la speranza di un domani di giustizia e di pace».
A sostegno della parrocchia e delle sue attività è stata lanciata la campagna “Le rondini torneranno a Gaza”, per raccogliere fondi destinati all’accoglienza e al sostegno dei più bisognosi. Il premio in denaro, 68.500 euro, è stato ritirato dal patriarca di Gerusalemme, cardinale Pierbattista Pizzaballa. A margine della cerimonia, parlando con i giornalisti, ha spiegato che «pace è una parola impegnativa, la pace ha bisogno di essere preparata. I fallimenti degli anni scorsi hanno insegnato che non bisogna correre anche nella terminologia».
A chi chiedeva come si può insegnare ai giovani a non odiare, ha spiegato che «bisogna innanzitutto cambiare il linguaggio. Per troppo tempo abbiamo lasciato spazio agli estremisti che hanno usato un linguaggio di disprezzo e di esclusione, ci vuole una nuova leadership e fare gesti nel territorio che riportino un po’ di fiducia tra la popolazione». A proposito di “volti nuovi” al comando, ha osservato che «un cambio di leadership è necessario per avere delle prospettive nuove nel futuro». È importante rimanere con i piedi per terra perché «non si passa dal nero al bianco improvvisamente. Gli ostacoli fanno parte di questo processo che è molto insidioso, problematico, fragile ma bisogna portarlo avanti in qualche modo».
Il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, presidente di Villa Nazareth, a margine dell’evento ha osservato che la tregua raggiunta a Gaza rappresenta «il primo passo fondamentale perché ha portato al cessate il fuoco». Si è avviato un processo che però «è pieno di ostacoli». La Santa Sede ribadisce la propria disponibilità ad «ospitare eventuali colloqui, dialoghi, negoziati» ma soprattutto è impegnata nella «questione umanitaria».
Il pensiero di Parolin si è quindi spostato all’Ucraina e il suo auspicio è che il presidente statunitense Donald Trump, «ora meno impegnato per quanto riguarda Gaza, si dedichi maggiormente all’Ucraina. L’America ha un ruolo importante nella soluzione della guerra in Ucraina. Ci sono stati già dei tentativi», ha detto.
Impossibilitato a partecipare, padre Romanelli ha inviato un videomessaggio. «Siamo uomini e donne di dialogo e di pace – le sue parole -. Continuiamo ogni giorno a pregare e a lavorare per la pace». Presenti i coniugi Eyad e Lara con i figli Judy, Sarah, Yaseen e Ahmed. Sono di Gaza, da maggio si trovano in Italia. «Ci sentiamo fortunati di essere arrivati qui – dice Eyad a Romasette.it -. Il popolo italiano ama il popolo palestinese, ce lo ha dimostrato in queste settimane». Grazie all’online ha mantenuto il suo lavoro. La famiglia ha perso la casa «ma grazie a Dio tutti i nostri familiari sono vivi».
15 ottobre 2025
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