Lunedì 20 Ottobre 2025 10:10
La missione, uno stile


Celebrata il 19 ottobre la Giornata mondiale. La testimonianza: «Si parte per amore da “mendicanti”. La vita del missionario è essere presenza del volto misericordioso di Dio, con i poveri e gli ultimi»
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«In questi giorni ho ricevuto la mia nuova destinazione missionaria – mi confidava questa settimana un amico -: dal 1° dicembre sarò nella terra brasiliana, a Dio piacendo». L’ho salutato con una “sana invidia” e molta gioia, perché partire è ancora un verbo missionario. Questa è anche la mia esperienza di missionario ad gentes per 25 anni in Brasile e 18 anni in Italia. «Perché parti?». mi chiedevano gli amici e i parenti, ogni volta che lasciavo la mia terra e andavo oltre i confini. «Non stai bene qui? Non c’è bisogno di missionari anche qua?».
Parto per amore! Si parte per l’amore di Dio in noi e nel mondo. La vita del missionario è essere presenza del volto misericordioso di Dio, stando con i poveri e gli ultimi ( Dilexi te n. 3). Essere amico dei poveri e dei peccatori, sedendoci a tavola con loro, creando fraternità e amicizia, è una immagine forte di Gesù che il vangelo ci trasmette (Mt 9,1013). È l’essere innamorati di Cristo che ci fa missionari. È la gioia del vangelo che ci spinge verso altri mondi. Un amore che ci fa apprezzare la dignità di figlio di Dio di ogni persona, di ogni popolo e cultura.
Parto perché c’è una tendenza oggi nel mondo, nella società e anche nella Chiesa a ripiegarsi su sé stessi, a chiudersi all’altro. Per questo è importante partire, solo così ci si conosce, si vince la paura, si crea fraternità ed umanità. In un mondo e un tempo lacerato dalle crisi sociali, ambientali, economiche e politiche c’è bisogno di vangelo, dei valori evangelici di amore, di giustizia, di pace e di fraternità; c’è bisogno di missionari appassionati ed entusiasti. Anche l’Italia e Roma sono terra di missione: basta guardare ai tanti poveri, al fenomeno delle migrazioni, alle difficoltà economiche di tante famiglie, alla solitudine di anziani e giovani, alla tiepidezza nell’essere cristiani, alla società che sembra impaurita, depressa, infelice. Il partire, la missione, allora, trasforma la Chiesa, la rende più evangelica e di Cristo, cioè missionaria, uscendo da sé stessi, incontrando gli altri, prendendosi cura del creato e delle persone.
Parto perché ne ho bisogno e mi aiuta a essere più umano nelle relazioni; più cristiano nel vivere la fede, la speranza, la carità; più missionario nel vivere la vocazione in pienezza. Parto per la mia conversione, per incontrare quella parte del volto di Cristo che non conosco, perché sono una Chiesa sinodale e missionaria, perché mi aiuta ad essere Chiesa qui e adesso. Ho un sogno: che tanti preti e molti laici possano vivere qualche anno di missione oltre i confini. È chiedere troppo? Ne guadagnerebbe la Chiesa diocesana, la arricchirebbe umanamente e spiritualmente grazie all’incontro con altri mondi.
Per questo celebrare la Giornata missionaria mondiale e il mese missionario di ottobre diventa essenziale e un percorso di pastorale missionaria. La missione è uno stile e un modo di essere Chiesa, in uscita, sinodale e missionaria, povera e che ama i poveri, che promuove la giustizia e la pace, per una fraternità universale. Nel programma pastorale per la diocesi di Roma, Papa Leone XIV ci ha lasciato l’icona della Samaritana (Gv 4), una donna, straniera e missionaria, come guida e cammino. Ci sono tre verbi ed azioni che ci potrebbero aiutare nell’evangelizzazione: «Lascia la brocca… va in città… e dice alla gente: venite a vedere». Sono tre azioni che esplicitano la dinamica e la metodologia missionaria.
La donna Samaritana diventa missionaria a partire dalla sua esperienza di essere stata amata e perdonata, di aver toccato con mano la misericordia di Dio, di aver incontrato l’acqua della vita piena e bella. Il vescovo don Tonino Bello ci ricordava che il missionario è un mendicante, che va nel mondo per raccontare dove ha trovato il pane di Vita, per condividerlo e mangiarlo assieme agli altri, ai poveri. Andiamo allora, come discepoli missionari, per raccontare ed incontrare il Dio della Vita, dell’amore e della Pace, qui a Roma e nel mondo. Buona e bella missione. (Giorgio Padovan, missionario comboniano)
20 ottobre 2025
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