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Lunedì 20 Ottobre 2025 11:10

Darfur: l’appello dei Comboniani per la città di El Fasher



Il capoluogo della regione sudanese sotto assedio da 550 giorni. Ridotte alla fame le 260mila persone che resistono. Sotto attacco l'unico ospedale operativo. La richiesta: corridoi umanitari protetti

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«El Fasher, il capoluogo della regione sudanese del Darfur settentrionale, è una città in cui non si può più vivere e da cui non si può scappare». La denuncia arriva dai missionari Comboniani, che raccontano di un «assedio che prosegue da 550 giorni» e «ha ridotto alla fame le circa 260mila persone che ancora vi resistono, di cui 130mila sono bambini. Decine sono le donne, gli uomini e i minori, anche piccolissimi, che hanno già perso la vita a causa della mancanza di cibo – proseguono i religiosi -. Otto al giorno secondo la denuncia delle Emergency Response Rooms, la rete di volontari locali che è ormai rimasta da sola a far fronte a questa tragedia ma anche a raccontarla al mondo».

Critica anche la situazione della sanità. «L’unico ospedale ancora operativo è sotto attacco. Attacchi e bombardamenti indiscriminati contro i civili – rimarcano ancora i Comboniani – proseguono a ritmo quotidiano. Il cibo e le medicine non possono entrare, bloccati anche da un fossato che circonda per oltre 30 chilometri i confini esterni della città. Chi prova a superarlo per fuggire invece, viene ucciso. I campi dove vivono le centinaia di migliaia di persone che sono dovute scappare nei mesi precedenti, Zamzam e Abu Shouk, sono fiaccati dalla carestia e attaccati di continuo».

Davanti a questo scenario, ferma la posizione dei religiosi. «Non possiamo accettare quello che sta avvenendo a El Fasher – affermano -. Non possiamo abdicare al legame con le donne e gli uomini sudanesi che da un secolo e mezzo è parte fondamentale dell’esperienza comboniana». Di qui l’appello al governo italiano «affinché intervenga in tutti i consessi internazionali in cui gli è possibile per reclamare l’urgenza assoluta di una tregua umanitaria nel Darfur e in tutto il Sudan, dell’apertura di passaggi sicuri e garantiti fuori dalla città per i civili coinvolti nei combattimenti e per il ripristino senza impedimenti dell’accesso umanitario».

A questo appello sono invitate a unirsi «le tante organizzazioni e le tante persone di buona volontà che più e più volte ci hanno accompagnato nella richiesta di giustizia e nella solidarietà per il popolo sudanese. Siamo in tanti ovunque nel mondo – rilevano i Comboniani -, come testimoniato dal recente appello lanciato da 93 organizzazioni della società civile di tutti i continenti. Dobbiamo far sentire la nostra voce. Abbiamo l’obbligo morale di tradurre la nostra enorme indignazione in un impegno concreto», è l’esortazione.

In questo momento, ricordano ancora i religiosi, El Fasher è il fronte più critico della guerra che da due anni e mezzo divampa in Sudan. «La città è l’unica di tutto il Darfur a essere rimasta nelle mani delle Forze armate regolari (Saf). Conquistarla è vitale per la milizia Forze di supporto rapido (Rsf), che può così suggellare il suo controllo sulla regione, sua tradizionale roccaforte dove da alcuni mesi ha anche installato un governo non riconosciuto rivale di quello di base a Khartoum». Decine di migliaia, intanto, le vittime, dal 15 aprile 2023, quando il conflitto è iniziato. Circa 9 milioni gli  sfollati interni; altri 4 milioni hanno lasciato il Sudan recandosi nei Paesi vicini, in molti casi a loro volta già estremamente poveri o alle prese con crisi umanitarie come Ciad, Sud Sudan e Repubblica centrafricana.

20 ottobre 2025

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