L'obiettivo è combattere il narcotraffico. Secondo la Conferenza episcopale però «’uso della forza sproporzionata non può essere giustificato come mezzo di risoluzione dei conflitti»

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Contro il narcotraffico aumenta, nelle Antille, la presenza di truppe statunitensi. Ne parla, in una nota, la Conferenza dei vescovi, che raggruppa gli episcopati dei Paesi caraibici non ispanofoni, avvertendo che queste manovre militari potrebbero comportare «possibili implicazioni per il benessere socioeconomico, politico e umanitario della nostra regione e della sua gente».

I presuli richiamano, di contro, la necessità urgente di «dialogo e cooperazione» per «alleviare le crescenti tensioni geopolitiche e promuovere una pace duratura». Ancora una volta, osservano,  «ci troviamo a un bivio», di fronte alle sfide morali che la regione deve affrontare. Da un lato, infatti, «il narcotraffico continua a devastare le società caraibiche, erodendo vite, futuri e il tessuto morale stesso delle nostre comunità». Dall’altro però «l’uso della forza sproporzionata non può essere giustificato come mezzo di risoluzione. Tali atti violano la sacralità della vita umana», oltre che «la sovranità delle nazioni indipendenti».

Secondo l’episcopato caraibico, «la presenza di navi da guerra nelle nostre acque rappresenta una minaccia reale, e resta forte la condanna dell’aggressione e dell’intimidazione come mezzi per risolvere conflitti o differenze ideologiche», perché «la nostra storia ha dimostrato che il dialogo e la negoziazione ci sono stati utili come nazioni indipendenti unite». L’appello quindi a «coloro che hanno ricevuto la leadership» è ad adoperarsi per una de-escalation del conflitto.

28 ottobre 2025

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