Giovedì 30 Ottobre 2025 12:10
Bartolomeo Pinelli: il cronista illustrato della Roma popolare tra arte, folklore e memoria
Bartolomeo Pinelli: il cronista illustrato della Roma popolare tra arte, folklore e memoria Bartolomeo Pinelli (Roma, 20 novembre 1781 – 1° aprile 1835) è stato uno degli artisti più rappresentativi della Roma dell’Ottocento, noto per la sua straordinaria produzione di incisioni, disegni e acquerelli che raccontano, con vivida intensità, la vita quotidiana, le tradizioni popolari […]
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Bartolomeo Pinelli (Roma, 20 novembre 1781 – 1° aprile 1835) è stato uno degli artisti più rappresentativi della Roma dell’Ottocento, noto per la sua straordinaria produzione di incisioni, disegni e acquerelli che raccontano, con vivida intensità, la vita quotidiana, le tradizioni popolari e le trasformazioni sociali della città eterna. Attivo come incisore, pittore e ceramista, Pinelli ha lasciato un’eredità visiva senza pari: si stima abbia realizzato circa 4.000 incisioni e 10.000 disegni, rendendolo uno degli artisti grafici più prolifici della sua epoca.

Incisione di Bartolomeo Pinelli
Nato e cresciuto nel cuore del rione Trastevere, Pinelli proveniva da una famiglia di artigiani: il padre Giovanni Battista modellava statue sacre. Fu proprio in questo ambiente creativo che il giovane Bartolomeo sviluppò un precoce interesse per l’arte, che si sarebbe poi affinato all’Accademia di Belle Arti di Bologna e successivamente all’Accademia di San Luca a Roma, dove tornò nel 1799.
Le sue opere rappresentano un vero e proprio archivio visivo della Roma ottocentesca, ritraendo scene di vita, costumi tradizionali, antichi mestieri ormai scomparsi, e una città che oscillava tra il sacro e il profano, l’antico e il moderno.

Acquerello di Bartolomeo Pinelli, Salterello Romano
Pinelli fu anche illustratore di numerosi testi storici e letterari. Oltre ai celebri acquerelli sui costumi popolari di Roma e del Lazio, realizzati già nel 1807, e alla raccolta del 1809 “Raccolta di cinquanta costumi pittoreschi incisi all’acquaforte”, il suo genio si estese anche alla letteratura. Illustrò i grandi classici italiani ed europei: Virgilio, Dante, Ariosto, Tasso, Cervantes, Manzoni.
Non mancano soggetti tratti dalla storia romana, greca e napoleonica, con una particolare attenzione all’iconografia popolare: celebre è la serie dedicata a Meo Patacca (1822-1823), personaggio simbolo del folklore romanesco.
Oltre al suo valore artistico, l’opera di Pinelli riveste un’importanza fondamentale come testimonianza etnografica. Le sue incisioni documentano usi, abiti, gesti e mestieri di un’epoca scomparsa, rendendole una fonte preziosa per lo studio della storia sociale non solo di Roma, ma anche del resto d’Italia e perfino della Svizzera. Il suo talento formò anche altri artisti, tra cui Giuseppe Tominz, celebre ritrattista goriziano, che fu suo allievo.

Incisione di Bartolomeo Pinelli, con cani Corso
Pinelli era solito muoversi per la campagna romana accompagnato da due cani Corso, compagni inseparabili e protagonisti ricorrenti nelle sue opere. Li amava profondamente, tanto da raffigurarsi spesso in loro compagnia. La loro presenza iconografica è così costante, dal 1809 al 1830, da offrire una documentazione unica sulla morfologia storica di questa razza, vista attraverso gli occhi e la mano di un uomo che li conosceva bene. Nessun altro artista ha immortalato i cani Corso con la stessa attenzione e frequenza di Bartolomeo Pinelli: un vero e proprio “corsista” ante litteram.
I mestieri perduti: il “carnacciaro” e altri frammenti di vita
Tra le tante figure che popolano le scene disegnate da Pinelli c’è anche quella del carnacciaro (o “carnecciaro”), uno dei mestieri ormai scomparsi nella moderna Roma. Il carnacciaro era un venditore ambulante di carne per gatti: trasportava scarti di macelleria – come trippa, polmoni e interiora – lessati e venduti a pochi bajocchi a chi voleva nutrire i propri animali o i randagi del quartiere.

Incisione di Bartolomeo Pinelli, il Carnacciaro
Con il solo suono di un fischietto chiamato “sordino”, il carnacciaro attirava stormi di gatti e cani, che annunciavano la sua presenza ai padroni. A volte, vendeva anche gatti vivi, che portava in una borsa a tracolla: una figura tanto folkloristica quanto utilitaria, che sarebbe sopravvissuta a Roma fino al 1944, per poi lasciare il posto alle gattare moderne.
Le scene incise da Pinelli non sono solo artistiche, ma cariche di umanità, forza emotiva e dettaglio narrativo. Dalle ottobrate romane alle passeggiate nei Prati di Castello, dalle carrozze che attraversano piazza Navona allagata fino al bailamme della Rotonda con venditori ambulanti, cantastorie e ciarlatani, tutto racconta una città viva, in bilico tra il fasto imperiale e la semplicità del quotidiano.
Le sue incisioni, cariche di movimento e realismo, restituiscono un affresco vibrante della vita popolare romana, dove ogni figura – dal saltimbanco al contadino, dal nobile al mendicante – trova dignità e protagonismo.
Oggi, a distanza di due secoli, l’opera di Pinelli è più che mai attuale: le sue immagini ci permettono di rivedere una Roma che non esiste più, ma che continua a vivere nei suoi disegni. La sua arte ci ricorda che la vera storia di una città è scritta non solo nei suoi monumenti, ma nei volti, nei gesti, nei mestieri e nelle abitudini del suo popolo.
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