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Venerdì 31 Ottobre 2025 09:10

Giustizia, via libera alla riforma



Con la quarta approvazione tra Camera e Senato, diventa definitivo il testo che introduce la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, due Consigli superiori e un’Alta Corte disciplinare. Atteso il referendum confermativo

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Con la quarta deliberazione tra Camera e Senato, la riforma costituzionale che introduce la separazione delle carriere dei magistrati è giunta alla fine del suo iter parlamentare. Ma perché diventi legge, modificando il testo del titolo IV della Carta, bisognerà attendere ancora tre mesi, durante i quali certamente verrà richiesto un referendum “confermativo”, dal cui esito dipenderà la sorte effettiva della riforma. Sono titolati a richiederlo un quinto dei membri di ciascuna Camera, cinque Consigli regionali o 500mila elettori, ed è fuori discussione che le opposizioni – con posizioni differenziate per Azione e Italia Viva – attiveranno la procedura con l’obiettivo non solo di neutralizzare la modifica costituzionale, ma anche di dare un colpo politicamente decisivo alla premier Meloni. Non è richiesto alcun quorum, e ciò rende questo referendum particolarmente insidioso per il governo. Tuttavia anche nella maggioranza ci si prepara a richiedere la verifica popolare, sfidando le opposizioni sul loro terreno.

Due Consigli superiori distinti. In Senato, per l’ultima deliberazione, i voti favorevoli sono stati 112, i contrari 59, gli astenuti 9. La prima deliberazione del Senato si era svolta il 22 luglio, le due della Camera il 16 gennaio e il 18 settembre. Il disegno di legge era stato licenziato dal Consiglio dei ministri il 29 maggio dello scorso anno. Il nome tecnico del testo, letteralmente “blindato” dall’esecutivo e approvato a tappe forzate dal Parlamento senza alcuna variazione, è “Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare”. Il cuore della riforma è la separazione tra i magistrati “giudicanti” e quelli “requirenti”, tra chi emette sentenze e i pubblici ministeri. Il ddl modifica, a questo fine, il titolo IV della Costituzione. Se la riforma diventerà legge, bisognerà ovviamente riscrivere le norme sull’ordinamento giudiziario, che dovrà regolare separatamente i percorsi professionali delle due categorie di magistrati. Intanto, però, è stata profondamente cambiata l’architettura istituzionale con la previsione di due organi di autogoverno: ci saranno infatti due Consigli superiori, entrambi presieduti dal capo dello Stato, com’è ora per il Csm unitario. Il Consiglio superiore della magistratura giudicante avrà come membro di diritto il primo presidente della Corte di cassazione, mentre nel Consiglio superiore della magistratura requirente siederà di diritto il procuratore generale della Corte di cassazione. Gli altri componenti di ciascuno dei Consigli superiori saranno estratti a sorte: per un terzo da un elenco di professori e avvocati compilato dal Parlamento in seduta comune e, per i restanti due terzi, rispettivamente tra i magistrati giudicanti e tra i magistrati requirenti. I vicepresidenti di ciascuno degli organi saranno eletti fra i componenti “laici”, cioè non togati, sorteggiati dall’elenco compilato dal Parlamento.

Alta Corte disciplinare e divisione di opinioni. Altra novità istituzionale di rilievo è l’Alta corte disciplinare, un organismo che avrà giurisdizione sia sui magistrati ordinari sia sui requirenti. L’Alta corte sarà composta da quindici magistrati selezionati con le seguenti modalità: tre componenti nominati dal presidente della Repubblica tra i professori universitari in materie giuridiche e gli avvocati con almeno vent’anni di esercizio; tre componenti estratti a sorte da un elenco compilato dal Parlamento in seduta comune tra soggetti con i medesimi requisiti di quelli di nomina quirinalizia; sei componenti estratti a sorte tra i magistrati giudicanti e tre fra i magistrati requirenti, con almeno vent’anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgono o hanno svolto funzioni di legittimità (in pratica la Cassazione). Il presidente dell’Alta corte sarà nominato tra i membri scelti dal capo dello Stato o dal Parlamento.

Sulla riforma si confrontano opinioni radicalmente divergenti. Per i favorevoli si tratta di un’operazione necessaria per assicurare la terzietà dei giudici rispetto all’iniziativa dei pubblici ministeri e per limitare l’influenza delle “correnti” della magistratura, e quindi la sua politicizzazione. Per i contrari, invece, si tratta di un provvedimento punitivo nei confronti dei magistrati, con l’obiettivo di ridimensionare la loro autonomia e indipendenza rispetto al potere politico, in particolare cercando di condizionare in senso filogovernativo l’attività delle procure. Particolarmente contestata è l’opzione del sorteggio. (Stefano De Martis)

31 ottobre 2025

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