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Lunedì 3 Novembre 2025 10:11

Ninetto Davoli “racconta” Pasolini



Amico di una vita, l'attore commenta il quadrangolare di calcio che ha visto in campo la nazionale attori da lui fondata, tra le iniziative in ricordo dei 50 anni dalla morte. E parla della sua vicinanza «al popolo e a tutto ciò che è riferibile all'essere umano»

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#cultura e società #in città #focus #ninetto davoli #pier paolo pasolini
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Oltre cento in tre mesi sono le iniziative con le quali Roma Capitale rievoca il cinquantesimo anniversario dell’omicidio di Pier Paolo Pasolini. Il programma, ricchissimo e trasversale, dal  titolo “PPP visionario”, è declinato in musica, letteratura, teatro, cinema, poesia, performance varie, in grande affinità con la produzione pasoliniana, caratterizzata da grande versatilità. Tra i tanti eventi ricordiamo le giornate di studio e le sfilate popolari (Museo delle Periferie), diverse mostre fotografiche (Franco Pinna alla casa del Cinema), 5 tra incontri letterari e presentazioni di libri, 6 reading, 18 proiezioni cinematografiche, 9 spettacoli teatrali, 10 conversazioni-masterclass. Tra gli eventi di novembre, la Casa del Cinema propone la rassegna “omaggio a Pasolini” (dal 5 al 14), al Teatro Tor Bella Monaca c’è “PPP Amore e Lotta” (dal 6 all’8) e “Pasolini perché” (dal 14 al 16), mentre al Villetta Social Lab “Pasolini torna a Garbatella” (dal 20 al 23).

Accanto al programma culturale ce n’è uno altrettanto affine allo spirito eclettico di Pasolini, che è quello sportivo. Nel giorno di Ognissanti, ad esempio, il quadrangolare di calcio “PPP50: Pasolini segna ancora”, ha celebrato la passione autentica dell’intellettuale per il gioco del calcio. L’evento, organizzato dall’assessorato alla Cultura di Roma Capitale, dalla Corsa di Miguel guidata da Valerio Piccioni, si è tenuto nello Stadio dei Marmi “Pietro Mennea”, messo a disposizione da Sport e Salute. In campo si sono sfidate la Nazionale Attori, fondata nel 1971 proprio da Pier Paolo Pasolini insieme a Ninetto Davoli, la Osvaldo Soriano International Football Club (“nazionale scrittori”), la Nazionale Giornaliste e Giornalisti e la Campidoglio Football Club, formata da consiglieri comunali. A salire sul podio è stata proprio quest’ultima.

A commentare la giornata è Ninetto Davoli, che come molte persone vicine a Pasolini, si sente spesso “tirato per la giacchetta” quando si tratta di iniziative istituzionali. «Non capisco bene perché bisogna ricordare la morte di Pasolini. Pier Paolo e tutto quello che ha rappresentato, molto spesso al di fuori delle istituzioni, va conosciuto attraverso le sue opere, deve essere materia di studio nelle scuole italiane. Parlare di lui va benissimo, ma senza aspettare ricorrenze». In questi mesi i luoghi dove si fa cultura a Roma riecheggiano dei messaggi pasoliniani, ma Ninetto Davoli non dimentica come un tempo, in realtà, fosse considerato una sorta di extraterrestre: «Mi fa piacere che i ragazzi abbiano captato la figura di Pasolini e ammirino quello che ha scritto, perché di grande attualità, mentre un tempo era considerato al di fuori di ogni regola. Lui era una persona talmente forte nel modo di fare e di scrivere che destava sempre grande scalpore».

Ma qual è il modo migliore di raccontare Pasolini ai giovani di oggi, c’è un modo di adattarsi al loro linguaggio?
Non c’è una scorciatoia. Io vengo spesso chiamato nelle scuole e a parlare in pubblico. Quello che continuo a dire è che bisogna leggere Pier Paolo, conoscere tutta la sua produzione cinematografica. Pasolini si comprende in maniera diretta, non tramite i media o le rievocazioni.

Cosa avrebbe pensato dei social?
Era molto diffidente verso tutto quello che rappresentava la tecnologia in termini di sovraesposizione della propria immagine e di mero uso consumistico. Si può dire che da questo punto di vista era asociale. Era un genio nell’anticipare i tempi e, quindi, non era realmente un uomo del suo tempo. Ma non capisco nemmeno la definizione di “visionario” se la interpretiamo come persona distaccata dalla realtà.

Pasolini è stato il cantore delle persone semplici, delle periferie romane, e lei ha detto più volte che la Roma di oggi è radicalmente cambiata rispetto a quegli anni. In questa vicinanza con gli umili si può forse rintracciare un invisibile collegamento con le radici cristiane?
Pasolini ha sempre ammirato e ricercato i poveri. Non era del tutto ateo, sebbene non credesse nei miracoli o nelle figure dei santi; aveva una sua spiritualità molto profonda e ha sempre avuto un desiderio di vicinanza al popolo e a tutto ciò che è riferibile all’essere umano. È vero che oggi la Roma di un tempo, che Pier Paolo ha ritratto in modo puro, non c’è più. Siamo catturati da un sistema consumistico che ha stravolto tutto».

C’è una figura religiosa idealmente molto vicina a Pasolini: don Roberto Sardelli, fondatore della scuola 725 tra i baraccati dell’Acquedotto Felice.
Padre Sardelli credeva in una realtà concreta con pochi principi fondamentali: povertà, semplicità, aiuto reciproco. È una ricerca comune a Pasolini, puoi chiamarla spiritualità o sensibilità.

Questa sua visione è ben rintracciabile in una delle opere più controverse, “Il Vangelo secondo Matteo”.
Il “Vangelo” è stato un film molto criticato e censurato. Pasolini ha rappresentato un Cristo uomo, che si arrabbia come qualsiasi altra persona. La gente era abituata a vedere al cinema un Gesù santo, delicato e bellissimo, ma Pasolini non lo ha mai visto in questo modo. Lui credeva in un Cristo che aiutasse le persone ad evolvere, che è cosa ben diversa dal volerne cambiare la natura.

Anche il rapporto con il calcio rappresenta quell’aderenza alla realtà più semplice e concreta della borgata?
La verità è che a Pierpaolo piaceva giocare a pallone. Giocava già da ragazzino nella sua terra natale a Casarza. Era bravo e veloce, tanto che lo chiamavano “lo Stucas” (aeroplano). Giocava sull’ala numero 7. Delle volte, addirittura, pur di andare a giocare a pallone accampava delle scuse per scampare agli impegni.

Pasolini ha vissuto lo sport con la stessa intensità con cui ha girato film o poesie, una forma di arte e di verità.
Alle nostre partite hanno partecipato artisti e intellettuali, amici come Sergio e Franco Citti, Enzo Cerusico e tanti altri. Abbiamo giocato ovunque: nei campetti di terra, nei prati, dove capitava. Poi abbiamo deciso di organizzare delle partite con un piccolo biglietto d’ingresso e di destinare il ricavato in beneficenza. Da quell’esperienza è nata la squadra degli Attori nel 1971.

3 novembre 2025

 

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