Martedì 4 Novembre 2025 12:11
Sudan: a El Fasher, «tragedia dentro la tragedia»


A parlare è Matteo D'Alonzo, direttore dell'ong nel Paese: «Violenze diffuse, esecuzioni, saccheggi e migliaia di persone intrappolate senza acqua, cibo o assistenza sanitaria»
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«Tragedia dentro la tragedia di un conflitto che oramai dura da oltre due anni». Matteo D’Alonzo, direttore programma di Emergency in Sudan, parla della situazione nella città di El Fasher, nel nord Darfur, caduta nelle mani delle Forze di supporto rapido (Rsf) dopo un assedio durato 500 giorni, esprimendo «grande preoccupazione» per le oltre 260mila persone intrappolate, «con rischio crescente di atrocità e violenze etniche». Le testimonianze che arrivano, riferisce, parlano di «violenze diffuse, esecuzioni, saccheggi e migliaia di persone intrappolate senza acqua, cibo o assistenza sanitaria».
Attualmente in Sudan 30 milioni di persone – vale a dire la metà della popolazione – hanno bisogno di aiuti umanitari. La metà sono bambini. Emergency è presente nel Darfur meridionale, a Nyala, con un ospedale pediatrico con degenza. «Anche qui la situazione resta gravissima – prosegue D’Alonzo -. Dall’inizio della guerra la città è martoriata da violenze, mancanza di elettricità, scarsità di acqua pulita e di cibo. Nel nostro centro pediatrico ogni giorno vediamo tantissimi bambini, molti dei quali malnutriti o con patologie aggravate dalle condizioni di vita. Ogni ricovero racconta quanto profonda sia la crisi umanitaria che sta affrontando il Sudan».
La situazione resta tesa anche a Khartoum, la Capitale, riconquistata ad aprile dall’esercito governativo (Saf). Emergency è rimasta qui per tutta la durate del conflitto, anche nei mesi di assedio, ed è presenta al momento con il Centro Salam di cardiochirurgia e un ambulatorio con reparto pediatrico. «Nei giorni scorsi l’aeroporto, che era prossimo alla riapertura, è stato nuovamente bombardato da droni – prosegue il direttore dell’organizzazione -. Abbiamo sentito notizie della presa della città di Barra, che dista circa quattro ore di auto dalla zona più a ovest della città di Khartoum. Tutto questo alimenta il timore che la guerra possa estendersi ancora e riportare il Paese indietro, proprio mentre si sperava in qualche segnale di tregua». A Port Sudan invece, aggiunge, «in questi due anni si sono riversate le centinaia di migliaia di profughi in fuga e lo abbiamo visto anche nell’alto numero di visite nel nostro ospedale pediatrico. Nei mesi scorsi anche lì, dove la guerra non era mai arrivata, si sono verificati duri attacchi con droni».
Nelle parole di D’Alonzo, «garantire assistenza sanitaria gratuita significa anche proteggere la dignità delle persone e ricordare che dietro a numeri e statistiche ci sono vite reali che non possono essere dimenticate». Con questi obiettivi, Emergency è presente in Sudan dal 2004, e non ha mai lasciato il Paese dall’inizio del conflitto.
4 novembre 2025
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