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Martedì 4 Novembre 2025 13:11

Sudan, padre Giorgetti (Comboniani): «In Darfur è una carneficina»



Il missionario comboniano, già provinciale a Khartoum, commenta la caduta di El-Fasher dopo un assedio durato 18 mesi. «Servono attenzione costante e scelte politiche coraggiose per la pace»

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«Non basta indignarsi davanti alle immagini più cruente: serve un’attenzione continua. L’unica cosa che possiamo fare è non distogliere l’attenzione. E se è vero che facciamo parte di un’unica umanità, ciascuno dovrebbe fare la propria parte, i politici soprattutto». Così padre Angelo Giorgetti, economo generale dei Comboniani, commenta al Sir le ultime notizie che arrivano dalla città di El Fasher, nel Nord Darfur, conquistata la settimana scorsa dalle Rsf, le Forze di supporto rapido, dopo un assedio durato 18 mesi. Il missionario conosce bene il Sudan perché è stato Provinciale nella capitale Khartoum dal 2011 al 2016 ed è molto addolorato per quanto sta accadendo. La Corte penale internazionale ha avvertito che le esecuzioni di massa, le violenze sessuali, i rapimenti, gli attacchi agli operatori umanitari e i saccheggi potrebbero costituire crimini di guerra e contro l’umanità. In rete circolano video orribili delle violenze commesse, in maggioranza contro la popolazione non araba. Domenica anche Papa Leone XIV ha rivolto «un accorato appello alle parti coinvolte per un cessate-il-fuoco e l’apertura urgente di corridoi umanitari».

Il conflitto in Sudan tra l’esercito regolare (Saf) e le Rsf è iniziato nell’aprile 2023 e sta diventando sempre più cruento. È considerata la peggiore crisi umanitaria al mondo, con 12 milioni di sfollati e oltre 24,6 milioni di persone (più della metà della popolazione) in condizioni di grave insicurezza alimentare. Oltre 65mila persone sono fuggite da El-Fasher. Prima dell’assedio ci vivevano 260mila persone, ora intrappolate in città, con un rischio crescente di atrocità e violenze etniche, senza cibo, acqua e cure sanitarie. Le comunicazioni sono quasi impossibili: si tratta di una zona desertica, dove le infrastrutture sono state probabilmente distrutte. Forti delle vittorie, le milizie paramilitari Rsf si stanno spostando verso il Kordofan, nel tentativo di prendere anche la città di El-Obeid.

Oggi il Consiglio di difesa sudanese si riunirà per valutare una proposta di pace di Stati Uniti, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, che chiede una tregua umanitaria di tre mesi seguita da un cessate il fuoco permanente e una transizione di nove mesi a un governo civile. Un piano che non piace al governo sudanese, che controlla Khartoum e il nord del Paese, perché escluderebbe dal processo sia l’esercito sia le Rsf.

In Darfur «è una carneficina». Padre Giorgetti è molto dispiaciuto per il Paese in cui ha vissuto e che ha amato: «Ho visto i video che circolano, ma sarebbe meglio non guardarli: fanno troppo male. È una carneficina. Non so se hanno scelto le vittime in base al colore della pelle o per altri motivi: questa distinzione lì non è così evidente – spiega -. Forse le persone all’interno della città erano considerate “nemici”. Ma tutto quello che sta accadendo è fuori da ogni logica. Se conquisti un territorio e vuoi governarlo, dovresti almeno trattare la popolazione come cittadini. Evidentemente queste persone hanno la coscienza completamente offuscata».

La presenza della Chiesa. In Darfur attualmente non ci sono missionari comboniani. Sono stati presenti fino a una trentina di anni fa, ma poi hanno chiuso la missione. Le due comunità ancora attive sono a Port Sudan, sul Mar Rosso, e un’altra più a sud, verso il Sud Sudan: tutte zone lontane migliaia di chilometri dal Nord Darfur. Un sacerdote diocesano che seguiva i pochi cristiani dell’area di El-Fasher è stato ucciso qualche mese fa. I Comboniani hanno diffuso di recente un comunicato esprimendo preoccupazione per la situazione di El Fasher. «Ma davanti a una tragedia di queste proporzioni, le parole contano poco – osserva padre Giorgetti con amarezza -. Purtroppo, l’attenzione dell’opinione pubblica dura poco: oggi tutti ne parlano, domani nessuno più. Anche a livello politico ci sono poche iniziative».

Difficile far arrivare aiuti umanitari. Nei giorni scorsi il ministro degli Affari esteri Antonio Tajani ha annunciato l’intenzione di inviare aiuti umanitari in Darfur. «Bisogna poi vedere se questi aiuti arrivano davvero, e soprattutto a chi finiscono – fa notare -. Perché, se entrano in quelle zone, è molto probabile che finiscano nelle mani dei miliziani, che controllano tutto e saccheggiano casa per casa. È difficile immaginare un sistema che li faccia arrivare davvero alla popolazione civile».

Il Darfur è una zona molto ricca: oro, minerali, risorse naturali di ogni tipo. «È evidente che dietro a tutto questo ci sia anche un obiettivo economico, oltre al controllo del territorio – precisa -. Ora le Rsf dominano quasi tutto. Non si può nemmeno dire che “governino”: semplicemente, prendono quello che vogliono. Spero che le parole dei governi sull’invio di aiuti e sulle proposte di pace non restino solo annunci – conclude il missionario -. Non basta mandare aiuti umanitari. Bisogna anche chiedersi: quale politica estera stanno portando avanti l’Italia e l’Europa? Cosa stiamo facendo per stabilizzare davvero queste regioni?». (Patrizia Caiffa)

4 novembre 2025

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