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Giovedì 6 Novembre 2025 13:11

Venezuela tra droga, oro e petrolio: cresce il rischio di un intervento armato Usa



Sale la tensione, dopo i bombardamenti contro presunti narcotrafficanti. Trump accusa Caracas di essere un “narco-Stato”, ma secondo analisti il vero obiettivo è il controllo delle risorse

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L’unica cosa certa, al momento, è l’uccisione di almeno 66 persone, supposti narcotrafficanti, e l’affondamento di circa venti imbarcazioni. È il bilancio, del tutto provvisorio, dei bombardamenti della flotta statunitense che il presidente Donald Trump ha dispiegato nel mar dei Caraibi in queste settimane per fronteggiare «terroristi» e «narcotrafficanti» che, secondo il presidente, sono legati a doppio filo al Venezuela, definito un “narco-Stato”, e al governo di Nicolás Maduro. La presenza americana, però, comincia a farsi «asfissiante», tanto che da giorni tengono banco ipotesi di attacchi aerei o addirittura via terra di Washington per sloggiare l’odiato autocrate, con il quale, peraltro, gli Stati Uniti hanno continuato, anche in questi ultimi mesi, a fare affari attraverso le estrazioni petrolifere della Chevron. Trump, finora, smentisce, ma senza troppa convinzione. A Caracas si respira preoccupazione, in attesa di capire se ci saranno ulteriori sviluppi. «La maggior parte delle persone – spiega una fonte anonima – non parla dell’argomento in luoghi pubblici, perché si è creata una cultura della paura, della censura e dell’autocensura. Nei circoli più fidati, si tende a pensare che in ogni scontro a rimetterci siano sempre quelli che stanno in basso. Rischiamo di essere tutti prigionieri di due posizioni estreme».

La droga passa soprattutto per il Pacifico. Ma, al di là dell’enfasi e della propaganda, è giustificato definire “narco-Stato” il Venezuela di oggi? E che prospettive potrebbe avere un’eventuale azione militare degli Stati Uniti contro Caracas? È quello che il Sir ha chiesto ad alcuni qualificati interlocutori. «La guerra ai narcotrafficanti – spiega da Caracas Vladimir Villegas, giornalista del circuito Unión Radio, in passato deputato, viceministro degli Esteri, ambasciatore, prima di rompere con il chavismo – appare come un elemento di propaganda. Solo il 5% della cocaina diretta dal Sudamerica agli Usa passa per il Venezuela (altri studi parlano del 13%, ma la sostanza, comunque, non cambia, ndr), e tutti sanno che la gran parte transita attraverso il Pacifico. Il vero interesse dell’amministrazione Trump per il Venezuela si chiama petrolio, tanto che finora il canale di dialogo tra Washington e Caracas è sempre rimasto aperto, e la Chevron non ha smesso di operare nel Paese».

Quanto all’ipotesi di un intervento armato degli Usa, il giornalista e analista fa notare: «C’è la possibilità che Trump stia dando ascolto alla parte più radicale dell’opposizione a Maduro, che da tempo auspica questa soluzione. Va detto, però, che lo scenario è molto complesso, riguarda tutto il continente, non solo il Venezuela. Per quanto mi riguarda, un intervento armato sarebbe un rimedio peggiore del male e potrebbe svegliare “demoni” conosciuti e non conosciuti. Speriamo in una soluzione negoziata, risolta tra venezuelani, con una transizione verso la democrazia. Nel dialogo potrebbero avere un ruolo importante la Colombia, il Messico, l’Unione Europea, lo stesso Vaticano». Anche padre Arturo Peraza, gesuita, rettore dell’Università Cattolica Andrés Bello di Caracas, spera in una soluzione dialogata, «anche se in questo momento mi sembra poco probabile. Non ho, però, doti divinatorie per poter prevedere quello che succederà». Per il gesuita, in ogni caso, «siamo di fronte a due situazioni profondamente illegittime: da un lato, un governo che non ha voluto mostrare gli atti elettorali dopo le presidenziali dello scorso anno e ha represso le libere manifestazioni; dall’altra, delle esecuzioni extragiudiziali, contrarie al diritto internazionale, contro persone accusate di essere narcotrafficanti». L’eventuale attacco, poi, padre Peraza ne è convinto, «sarebbe altamente complesso».

Cocaina e oro finanziano “pezzi di Stato”. Si torna così al tema del controllo del territorio e ai tanti traffici illegali che, in ogni caso, transitano per il Venezuela. È quanto ci viene spiegato da voci venezuelane che preferiscono restare anonime: «Certamente, la cocaina passa soprattutto per altre rotte. In questo caso, però, ci sono dei livelli di contiguità con pezzi di Stato e di potere che probabilmente non esistono in altri contesti». Del resto, il report 2024 dell’ong Transparencia Venezuela parla del Paese come “elemento chiave” del narcotraffico mondiale. Solo nel 2024 il traffico di droga in Venezuela ha generato un fatturato lordo di 8,236 miliardi di dollari. «Ma non c’è solo la droga – prosegue la nostra fonte – si parla poco di traffici come quelli generati dall’estrazione dell’oro e di altri minerali», che in questi anni hanno tenuto in piedi il regime di Caracas. La questione, insomma, è complicata. Centrale appare così non solo il tema delle droghe, ma anche quello delle risorse. Ne è convinto Alejandro Ortiz, teologo messicano, tra i fondatori della rete Amerindia e studioso di geopolitica. «La crisi delle risorse – la sua teoria – sta orientando l’azione del capitalismo mondiale e, in particolare, degli Stati Uniti. Per il Venezuela si tratta del petrolio e dei minerali, per altri Paesi dell’acqua o del litio. La guerra al narcotraffico mi pare un pretesto. Gli Stati Uniti vogliono riaffermare la nota teoria di Monroe, che definiva “giardino di casa” degli Usa il resto del continente, riguadagnando le posizioni perse rispetto alla Cina. Maduro rischia di fare la fine del dittatore panamense Manuel Noriega, che nel 1989, quando venne deposto, fu definito “narcoterrorista”. Un’invasione è possibile». (Bruno Desidera)

6 novembre 2025

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