Lunedì 17 Novembre 2025 12:11
Mattarella al Parlamento tedesco: «Se vuoi la pace, devi costruirla e preservarla»


L'intervento del presidente della Repubblica al Palazzo del Reichstag, con i rappresentanti delle istituzioni, nella Giornata del lutto nazionale, 80 anni dopo la fine della seconda guerra mondiale
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«La vita delle persone, dei popoli, delle nazioni, è colma di inciampi e di tragedie. Talvolta per scelte individuali, più spesso per deliberato operare degli altri». Lo ha ricordato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, intervenuto ieri, 16 novembre, al Palazzo del Reichstag, sede del Parlamento tedesco, a Berlino, in occasione della Giornata del lutto nazionale, 80 anni dopo la fine della seconda guerra mondiale. «La prima guerra mondiale – ha ricordato – lasciò sul terreno almeno 16 milioni di morti, la metà dei quali civili, oltre a venti milioni di feriti e mutilati. La seconda guerra mondiale, estesa al fronte del Pacifico, si calcola che abbia visto settanta milioni di morti. Le vittime, Paese per Paese, sono impressionanti. E va sempre ricordato che non di numeri si tratta ma di persone», è il monito del capo dello Stato. «Come è possibile che tutto questo sia potuto accadere e pretenda di ripresentarsi? Quanti morti occorreranno ancora, prima che si cessi di guardare alla guerra come strumento per risolvere le controversie tra gli Stati, che se ne faccia uso per l’arbitrio di voler dominare altri popoli?», ha domandato, prima di affermare: «”Nie wieder”. “Mai più”», l’espressione con cui la comunità internazionale condanna l’olocausto degli ebrei. «A “Nie wieder” però si contrappone “wieder”, “di nuovo” – ha osservato -. A questo assistiamo: di nuovo guerra. Di nuovo razzismo. Di nuovo grandi disuguaglianze. Di nuovo violenza. Di nuovo aggressione».
Nelle parole di Mattarella, «i morti che qui ricordiamo, i morti nel mondo a causa della violenza dei conflitti riguardano ciascuno di noi se intendiamo essere considerati esseri umani. Oggi – ha continuato – rivolgiamo il nostro sguardo, il nostro pensiero, alle vittime di quelle tragedie. Dai militari caduti ai civili, vittime di quella condizione, la guerra, che la Legge Fondamentale tedesca e la Costituzione italiana ripudiano, facendo propria la grande lezione derivante dal tragico secondo conflitto mondiale». Proprio per questo «ci uniamo, in una giornata di memoria e di lutto, perché ricordare la nostra storia comune è esercizio indispensabile nella nostra inesauribile aspirazione alla pace», ha proseguito il capo dello Stato, sottolineando che «memoria delle atrocità dell’uomo nel passato e dolore profondo per quelle presenti ci obbligano a un esercizio di consapevolezza: la pace non è un traguardo definitivo, bensì il frutto di uno sforzo incessante, fondato sul raggiungimento di valori condivisi e sul riconoscimento della inviolabilità della dignità umana di ogni persona, ovunque». Resta la consapevolezza che «da sempre la guerra ambisce a proiettare la sua ombra cupa sull’umanità», ha ammonito, ricordando che «il Novecento, con lo sviluppo della industrializzazione della morte, ha trasformato la tragedia dei soldati in tragedia dei popoli».
A caratterizzare il secondo conflitto mondiale, deportazioni e genocidi. «Da allora il volto della guerra non si riflette soltanto in quello del combattente, ma diviene quello del bambino, della madre, dell’anziano senza difesa. È quanto accade, oggi, a Kiev, a Gaza», ha sottolineato il presidente italiano, evidenziando che «la guerra totale esige non la sconfitta, la resa del nemico, ma il suo annientamento. Un accrescimento di crudeltà». E «con l’era atomica, un solo gesto può cancellare una città e l’innocenza stessa del mondo». A fronte di tutto questo, Mattarella ha ricordato che «è la democrazia che sorregge l’autorità e la legittima. Superando le tentazioni di totalitarismi che pretendono di essere e rappresentare il tutto. Perché la democrazia parte dal principio di libertà che, a sua volta, si basa sulla universalità dell’uguaglianza tra le persone. Nel dopoguerra, la nascita delle Nazioni Unite, le Convenzioni di Ginevra, hanno acceso la speranza di una pace fondata sul diritto, riaffermando un principio fondamentale: la popolazione civile deve essere protetta in ogni circostanza», ha evidenziato.
Ancora, il capo dello Stato ha rimarcato che «oggi, secondo le Nazioni Unite, oltre il 90% delle vittime dei conflitti è tra i civili. Questo non può rimanere ignorato e impunito. Il numero di persone costrette ad abbandonare le proprie case, la propria terra, non ha precedenti. Secondo il rapporto reso noto ad aprile dall’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati, questi erano 122 milioni, in aumento di anno in anno». E anche qui, «non si tratta di statistiche. Sono volti, persone in cammino, famiglie cancellate, alle quali viene sottratto il futuro che preparavano. Il Diritto internazionale umanitario, argine alla disumanità della guerra, è messo in discussione dai fatti», ha proseguito, ribadendo che «nessuna “circostanza eccezionale” può giustificare l’ingiustificabile: i bombardamenti nelle aree abitate, l’uso cinico della fame contro le popolazioni, la violenza sessuale». Per Mattarella, «la caduta della distinzione tra civili e combattenti colpisce al cuore lo stesso principio di umanità. È l’applicazione sistematica della ignobile pratica della rappresaglia contro gli innocenti. Colpisce l’ordine internazionale, basato sul principio del rispetto tra i popoli e del riconoscimento dell’orrore della guerra, oggi aggravata dal continuo irrompere di nuove armi».
Alle autorità tedesche e ai parlamentari, il presidente ha ricordato che «se vuoi la pace, devi costruirla e preservarla. La pace non è frutto di rassegnazione di fronte alle grandi tragedie. Ma di iniziative coraggiose, di persone coraggiose», ha osservato, aggiungendo che «in questi decenni tanti attori della comunità internazionale – e tra essi l’Unione europea – con ostinazione e non senza fatica hanno perseguito la pace, che si nutre del rispetto dei diritti umani fondamentali. La cooperazione tra Stati, istituzioni, popoli è la sola misura che può proteggere la dignità umana», ha affermando, spiegando che «il multilateralismo non è burocrazia ma è l’utensile che raffredda le divergenze e ne consente soluzione pacifica; è il linguaggio della comune responsabilità. È la voce che richiama al valore della vita di ogni singola persona, contrapposta all’arroganza di chi vorrebbe far prevalere la logica di una spregiudicata presunta ragion di Stato, dimentica che la sovranità popolare appartiene, appunto ai cittadini. La sovranità è dei cittadini e non appartiene a un Moloch impersonale che pretenda di determinarne i destini».
Oggi, ha rilevato infine il presidente, «nuovi “dottor Stranamore” si affacciano all’orizzonte, con la pretesa che si debba “amare la bomba”. Si odono dichiarazioni di altri Paesi su possibili ripensamenti del rifiuto dell’arma nucleare. Emerge, allora, il timore che ci si addentri in percorsi ad alto rischio, di avviarsi ad aprire una sorta di nuovo vaso di Pandora. Tutto questo – ha continuato – viene agevolato dal diffondersi, sul piano internazionale, di un linguaggio perentorio, duramente assertivo, che rivendica supremazia». Ma «la sovranità di un popolo non si esprime nel diritto di portare guerra al vicino – ha precisato -. La guerra di aggressione è un crimine». In Europa, ha ricordato, «abbiamo saputo dar vita a un’area di pace, di libertà, di prosperità, di rispetto dei diritti umani, che non ha precedenti nella storia. Non lasciamo che, oggi, il sogno europeo – la nostra Unione – venga lacerato da epigoni di tempi bui. Di tempi che hanno lasciato dolore, miseria, desolazione».
17 novembre 2025
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