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Mercoledì 19 Novembre 2025 12:11

Il viaggio del Papa in Libano e la speranza di un cambiamento



Il vicario apostolico di Beirut dà voce alle aspettative del Paese. «Speriamo che possa rappresentare una svolta verso un miglioramento della situazione e verso tempi migliori»

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A pochi giorni dalla visita apostolica di Papa Leone XIV in Libano, dal 30 novembre al 2 dicembre, il vicario apostolico di Beirut per i cattolici latini César Essayan dà voce alle aspettative del Paese. «Speriamo che questo viaggio possa rappresentare una svolta verso un miglioramento della situazione e verso tempi migliori», dice collegato online alla conferenza stampa organizzata a Parigi dall’Oeuvre d’Orient, il 18 novembre. Sebbene con il passare del tempo e l’avvicinarsi dell’arrivo del Papa stia crescendo l’entusiasmo, riferisce, «le attese della visita non sono espresse apertamente dal popolo perché i libanesi passano da una delusione all’altra e cercano di intravedere una speranza che si concretizzi».

Essayan guarda alla storia più recente del Paese. «Dalle ultime elezioni presidenziali fino ad oggi – riferisce – ci sono state molte tensioni con Israele, ma anche interne. Non ci facciamo illusioni, ma sappiamo che, come i suoi predecessori, Papa Leone sta riportando il Libano al centro dell’attenzione». E il popolo «probabilmente attende dal Papa un nuovo grido di giustizia, capace di scuotere i responsabili politici. Perché continuiamo a vivere sotto la pressione e l’oppressione di una crisi sociale ed economica, in un Paese dove i responsabili non ascoltano né il grido dei poveri, né quello dei cittadini. Siamo ancora lontani da uno Stato di diritto». Ancora, «abbiamo il grande problema della presenza di molti rifugiati, divenuti merce politica ed economica. Forse questa visita potrà avviare un cambiamento, risvegliare le coscienze», è l’auspicio.

A colpire il vicario, la scelta di tre tappe «significative», nel programma del Papa: «Il santuario di San Charbel, che ci richiama al silenzio, all’intimità con Dio, alla necessità di ritrovare una relazione personale e profonda con il Signore; l’ospedale psichiatrico, per incontrare gli esclusi, gli ultimi, coloro che nessuno vuole vedere»; infine, il porto di Beirut, dopo la tragica esplosione, per «rilanciare un grido di giustizia e di verità. Senza giustizia e verità, come ricordava san Giovanni Paolo II, non c’è pace». Queste tre scelte nel suo itinerario libanese, sottolinea, «significano già molto per ciascuno di noi. Più che aspettarci qualcosa dalla sua visita, noi libanesi dobbiamo imparare ad ascoltarlo e a mettere in pratica ciò che ci dirà». Anche perché «il Papa viene in Libano, ma pensa a tutto il Medio Oriente».

Un rapporto significativo e di lunga durata, quello che lega il successore di Pietro al Paese dei cedri. Il vicario ricorda l’esortazione apostolica post-sinodale di Giovanni Paolo II “Una speranza nuova per il Libano”, la scelta di Benedetto XVI di firmare proprio qui l’esortazione apostolica per il Medio Oriente; e Papa Francesco che, «pur non potendo venire, dedicò al Libano una giornata intera di digiuno, preghiera e riflessione, invitando i capi delle chiese in Vaticano il 1° luglio 2021. Ora – prosegue – Papa Leone ritorna in Libano, nel suo primo viaggio apostolico». Il motto: “Beati gli artigiani di pace”.

«Il Papa – spiega Essayan – ci invita a metterci al lavoro. La pace non scende dall’alto: è un dono di Dio, ma richiede una risposta interiore. In un certo senso ci chiede: cosa abbiamo fatto delle esortazioni apostoliche passate? Cosa abbiamo fatto, come Chiesa del Libano, di tutto ciò che ci è stato affidato dai Papi precedenti? Come vogliamo impegnarci per la pace, come vogliamo stimolare questo impegno insieme agli altri capi religiosi e alle altre religioni?. Il Libano – incalza – è un Paese cerniera per il Medio Oriente». Interpellato, quindi, sulla sicurezza del viaggio del pontefice, replica: «Nessun Paese vicino al Libano offre sufficiente sicurezza per il Papa. Certamente non poteva andare a Gaza o in Israele. Anche in Siria in questo momento è troppo difficile. Questo è l’unico Paese che gli offre questa opportunità unica permettendogli di trasmettere un messaggio potente a tutti».

19 novembre 2025

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