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Mercoledì 19 Novembre 2025 11:11

ActionAid: la risoluzione Onu su Gaza, «passo avanti ma rafforza l’occupazione»



L'organizzazione prende atto degli sforzi della comunità internazionale per porre fine alle ostilità ma evidenzia il rischio di «consolidare, anziché risolvere, le vere cause del conflitto»

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Porre fine alle ostilità, facilitare l’azione umanitaria e gettare le basi per la ricostruzione. Questi, nell’analisi di ActionAid, gli obiettivi ai quali ha indirizzato i suoi sforzi la comunità internazionale. Sforzi che hanno portato anche alla risoluzione approvata il 17 novembre dal Consiglio di sicurezza Onu su Gaz, dopo «due anni di sofferenze inimmaginabili», che «segna il riconoscimento che la situazione attuale non può continuare. Tuttavia – aggiungono dall’organizzazione -, alcune delle sue disposizioni rischiano di consolidare, anziché risolvere, le vere cause del conflitto: continuare a imporre il controllo e la supervisione sul popolo palestinese, senza limiti di portata e durata; limitare l’autonomia palestinese in materia di governance, sicurezza, territorio e accesso umanitario; non fornire una chiara responsabilità al popolo palestinese; rendere condizionata l’autodeterminazione, quando invece è un diritto fondamentale».

A spiegarlo è Jamil Sawalmeh, direttore di ActionAid Palestina. «Le misure temporanee possono essere utili per fermare l’emorragia oggi – dice -. Ma i palestinesi continuano a essere uccisi ogni giorno dal fuoco israeliano in tutto il territorio palestinese occupato, e le autorità israeliane continuano a ostacolare l’azione umanitaria in innumerevoli modi da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco cinque settimane fa. Se il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ritiene necessaria una supervisione esterna – prosegue – deve garantire che tali misure siano dirette alle autorità israeliane, ritenute dai propri organi responsabili di gravi crimini».

ActionAid esorta quindi gli Stati membri delle Nazioni Unite a garantire che questa risoluzione «non diventi uno strumento per controllare ulteriormente il popolo palestinese con il pretesto di creare stabilità. La sua efficacia e legalità risiedono nel modo in cui verrà attuata». In concreto, «secondo il diritto internazionale, compreso il parere consultivo della Corte internazionale di giustizia – evidenziano dall’organizzazione -, gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno l’obbligo di garantire che l’occupazione sia terminata, non gestita o sostituita. Qualsiasi struttura di transizione deve avere una durata chiaramente definita e garantire che i palestinesi stessi siano coinvolti nel processo decisionale per ricostruire e governare le proprie comunità. Qualsiasi piano credibile per il futuro deve dare priorità alla responsabilità per i crimini commessi, senza doppi standard, e rimuovere tutte le barriere all’autodeterminazione palestinese, senza condizioni o manipolazioni politiche». Insomma, «la comunità internazionale deve sostenere, e non soppiantare, la capacità delle istituzioni palestinesi e della società civile di fornire aiuti salvavita e assistenza alla ricostruzione, e creare giustizia per tutti, responsabilizzando le donne e i giovani».

19 novembre 2025

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