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Mercoledì 19 Novembre 2025 11:11

Il Tino di Lele Usai: esperienza nel giardino dello chef stellato a Fiumicino

La nostra esperienza a Il Tino: un’insegna che sorprende per audacia e consapevolezza attraverso una cucina di pesce raffinata.

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Il Tino di Lele Usai: esperienza nel giardino dello chef stellato a Fiumicino
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Barefood in Rome
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Varcata la soglia del
Nautilus
, a Fiumicino, ci si immerge subito nella mondo di
Lele Usai
. Non c’è nemmeno il tempo di entrare nel ristorante che il magnifico orto, ben a vista, è lì a darci il benvenuto come un iconico biglietto da visita dello Chef. A fianco si scorge anche il
Quarantunododici
, locale di cui vi parleremo in un futuro nemmeno troppo lontano.

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Stiamo approcciando
Il Tino
, l’iconica insegna a bordo fiume, sul litorale di Fiumicino, che dopo 10 anni suonati di stella Michelin, vuole ancora stupire ed emozionare i propri commensali.

Ad accoglierci c’è un personale molto giovane, pur mostrando uno sguardo consapevole. Entriamo in una sala che sfoggia sobrietà, con soli otto tavoli la cui pretesa è quella di traghettare lo sguardo dei clienti – in un colpo solo – su darsena e cucina a vista.

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Il saluto di Lele Usai è improvviso, timido a tratti. Un breve scambio di battute per decidere il percorso da intraprendere. Ne propone sempre due, entrambi a 150€. C’è il menù Regata Classica, composto dai piatti storici dello chef ed il Regata D’altura 2025, con proposte ancora più ricercate (e dove peraltro ricade la nostra scelta).

Alle degustazioni è possibile associare un pairing di vini da sei calici a 100€, ma è possibile personalizzare questa scelta adattando il numero di proposte al bicchiere secondo le proprie esigenze.

Il cocktail di benvenuto, composto da gin tonic ed un infuso alla malva, accompagna il Nautilus. Qui, Fibonacci e cucina di alta qualità si incontrano per comporre il primo grande piatto iconico dello Chef che viene tra l’altro offerto come benvenuto. Il “fragmocono” è un carpaccio di spada tirato al massimo per estrarne il sapore più delicato, con un gel di champagne e origano che conservano equilibri delicati al palato. 



Ad aprire il percorso degustazione è “Giardino Iodato”, piatto illustre dello Chef che viene descritto magistralmente dal personale. Ci preannunciano sapori diversi per ogni boccone, non sbagliando affatto. Abbiamo avuto la stessa sensazione delle stanze di un boutique hotel che si diversificano per colori e composizioni. In questo piatto ogni assaggio racconta una parte diversa della sterminata cucina di Usai.

La seconda portata, da noi volutamente estratta in aggiunta dal menù dei classici è “Nasturzio, Caviale, Tuorlo e Capperi 2018”, che ci invitano a mangiare in un boccone unico. Un viaggio breve ma intenso, dove sorprende l’abilità nell’utilizzo delle foglie che degnamente si associano ai tanti ingredienti percepibili nel singolo assaggio.



Si torna sul menù più evolutivo con il “Mare di Latte”, al cui interno si avverte un piacevole equilibrio tra erbe varie, ricci di mare e latte di mandorla. A seguire lo scampo gratinato e topinambur ci riporta a sapori amabili e “giovanili”, chiudendo nei fatti la sequenza degli antipasti.

La pasta ripiena è un mezzo storicamente utilizzato da Lele Usai per comporre audaci e inediti piatti di pesce. Sapori decisi che non potevano mancare nel menù più evolutivo. Ad aprire la progressione sono i Cappelletti alla Romana “di Tonno”, dove una forte spinta di sapidità non sempre riesce a trovare la perfetta sincronia con gli altri ingredienti, mentre subito ci si accorge di come la pasta sia magnificamente tirata.

Optiamo poi per un altro fuori percorso: al tavolo giunge l’iconico risotto agli scampi affumicati e vaniglia del 2007. Un piatto che necessita di ben poche presentazioni, evolutosi nel tempo ma dalle caratteristiche comfort al quale lo Chef non vuole rinunciare. Anche in questo caso abbiamo avvertito vagamente qualche prominente picco sapido.





Il fusillo croccante al garum di gambero rosso è il gioco di consistenze che non ti aspetti. La pasta viene presentata croccante per intrappolare il crostaceo al morso, e l’antica salsa romana accompagna il tutto con audacia e rispetto (al cliente si lascia la libertà di dosarne le quantità nel piatto).  

I bottoncini alla zucca, alici e burro fermentato alle alghe sono quelli che ci hanno stupito di più per la gestione dei sapori (buonissime le alici di Cetara). Sorprende la scioglievole consistenza dell’ortaggio, che perfettamente aderisce alla pasta verde (sempre tirata maniacalmente dalla cucina).  

La sequenza di portate salate si completa con il Wellington di pescato (in questo caso fragolino), arricchito dal fondo bruno di lische la cui sola scarpetta meriterebbe un viaggio da lontanissime provenienze.

Il pre-dessert è una composizione “aglio, olio e peperoncino” che piace e diverte, mentre “Mela e Kefir” è un dolce buono e leggero, ma che non ruba troppo la scena al resto del percorso ed accompagna il palato ad una conclusione vellutata. La piccola pasticceria è golosa, benché saldamente legata alla tradizione romana.



I quattro calici in abbinamento erano legati da un filo conduttore caratterizzato perlopiù da struttura e buona sapidità. Sulla carta dei vini si avverte una ricerca minuziosa e dinamica, al passo dei complessi sapori con cui la cucina orchestra e modifica annualmente la propria proposta. 

Ci concediamo più di una parola con Daniele Usai, all’indomani di una meritata settimana di riposo che lo chef ciclicamente si concede in questo periodo dell’anno. Lo solletichiamo su aspetti curiosi e tecnici per qualche tratto.

Ci conferma un distacco parziale dai classici schemi di consistenze che i piatti devono seguire, non temendo eventuali sbilanciamenti (spesso in difetto), per densità e compattezze all’interno delle proprie creazioni.

Ci parla del lunedì come giorno di chiusura dei locali di pesce nei termini di un concetto ormai arretrato. Piccole realtà di pesca locale con cui lo chef si interfaccia giornalmente, portano quella sera stessa tra i tavoli del suo ristorante i prodotti più freschi ed ambiti di tutto il litorale.



Nel complesso, quella de Il Tino resta un’esperienza meritevole del viaggio (e non solo per il fondo bruno alle lische!). Sedersi in uno degli otto tavoli del ristorante significa affidarsi ad uno staff giovane, dinamico ed esperto. Nulla viene lasciato al caso.

Ogni dettaglio che modula l’esperienza sembra seguire gli stessi schemi geometrici presenti all’interno dei loro piatti: modello rappresentativo di cui Lele Usai non deve far altro che vantarsi, nonostante la sua apparente timidezza.

Via Monte Cadria, 127, 00054 Fiumicino RM

Aperto a cena dalle 20 alle 21:30, dal giovedì al lunedì; chiuso il martedì ed il mercoledì.      

Tel. 06 5883384

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