Mercoledì 26 Novembre 2025 16:11
Da Palladini un libro fuori dal coro


In "Noi siamo altri. Materiali per una diegesi familiare" il racconta autobiografico, radicale e coraggioso, della sua avventura esistenziale. La drammatica storia del fratello Luciano
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Marco Palladini (Roma, 1953), scrittore in prosa e poesia, con inconfondibile piglio stilistico, drammaturgo e regista di forte impronta espressionistica, performer vitale e critico sempre acuto, autore di molteplici opere e allestimenti scenici nell’ambito del teatro cosiddetto sperimentale, con Noi siamo altri. Materiali per una diegesi familiare (Editrice Zona) ci consegna un libro autobiografico radicale e coraggioso sulla propria avventura esistenziale, fuori dal coro e come tale degno di figurare fra i testi meno effimeri dei nostri tempi, la cui stella filante, a lettura ultimata, sembra restare la drammatica storia del fratello Luciano, nato a Roma nel 1956, a soli vent’anni afflitto da una grave forma di psicosi, destinata purtroppo a segnare anche la vita dei familiari a lui prossimi, dal padre Italo, classe 1914, ligure di Ventimiglia, che aveva partecipato alla Resistenza, alla madre Andreina, romana, tre anni più giovane.
Lo scrittore, intrecciando le vicende che lo riguardano in prima persona, dalla giovanile formazione politica nei movimenti della sinistra extraparlamentare all’attività giornalistica a Paese Sera fino all’avventura teatrale, intesa come campo di battaglia interiore, con quelle che invece attengono allo spirito del tempo trascorso, in particolare dagli anni Settanta ad oggi, lascia filtrare un sentimento di smagato abbandono, come se non riuscisse a trovare un senso compiuto alla deflagrazione dei diversi destini che egli ha avuto la sorte di attraversare.
Fra le tante pagine che potremmo citare, tornano in mente l’intervista al padre, sorta di implicita perlustrazione delle radici non solo familiari, persino storiche; quelle che rievocano le tensioni incandescenti con l’attore Antonio Campobasso, insieme al quale portò sul palco una memorabile versione delle 12 settimane del marchese De Sade; i grandi amici perduti, fra i quali l’indimenticabile poeta Valentino Zeichen (che in realtà si chiamava Giuseppe Mario), ritratto negli ultimi giorni trascorsi all’ospedale Santa Lucia, quando sembrava aver recuperato dall’ictus, prima del tracollo finale.
Ma soprattutto il capitolo dedicato alla morte del fratello, intitolato La catabasi di Luciano, scomparso a 67 anni, dopo aver rifiutato con reiterata cocciutaggine tutte le cure che i medici avrebbero voluto dargli, sembra una diagnosi amara e sconsolata, simbolica della condizione umana, come se la vita di Luciano fosse rimasta ferma a quando lui era ancora giovane, prima delle tenebre che lo offuscarono. Osservando il suo cadavere disteso all’obitorio del Policlinico, Marco riesce a trovare le parole che alla maggioranza sarebbero sfuggite: «Ragazzo a vita, alienato e alieno, vissuto o disvissuto e morto come ha voluto. Ma adesso la sua spoglia mortale mi appare quasi rappacificata. I demoni che hanno per molte decadi albergato nella sua testa non ci sono più».
26 novembre 2025
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