Martedì 2 Dicembre 2025 16:12
“Un semplice incidente” di Panahi, giallo dell’anima


Palma d’oro al Festival di Cannes 2025, il film diventa parabola universale in cui un uomo è messo di fronte a un bivio: seguire l’istinto della vendetta o rispondere al male con il perdono?
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Iran oggi. Sulla strada per tornare verso casa, la macchina di una famiglia finisce in panne. Alla prima officina utile il padre si ferma per provvedere alla necessaria riparazione. Ma uno strano rumore attira l’attenzione dell’uomo. Il titolo definisce bene la situazione di partenza di Un semplice incidente, nuovo film del regista iraniano Jafar Panahi, vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes 2025, nelle sale dal 6 novembre.
A un ascolto più attento, l’uomo mette meglio a fuoco la situazione: il rumore è quello prodotto dalla camminata di una seconda persona presente, precisamente il cigolio di una protesi agli arti inferiori. L’uomo ha un nitido ricordo: il passo di un suo torturatore in carcere. È un attimo e nella sua mente riaffiorano incubi, sofferenze e rabbia verso colui che ha rovinato la sua vita e quella di tanti altri come lui: tutti individui arrestati ingiustamente dal regime e sottoposti a torture e violenze. L’uomo capisce che è l’occasione giusta per vendicarsi.
È il tema centrale del film, la vendetta. Un regime illiberale e oppressivo portato a reprimere movimenti e opinioni e, di fronte, l’occasione preziosa per regolare i conti. Ma proprio qui, quando la cosa da fare è una e una sola, il film ha uno scatto di orgoglio e Panahi conferma di essere un autore con la A maiuscola. E chiede allo spettatore di fare una scelta netta. Il racconto impiega qualche tempo a delinearsi in tutto il suo frastagliato percorso. Ma quella che si snoda alla fine è una vicenda dalla potente denuncia morale che ripercorre con esattezza le violenze subite da un popolo per mano di un regime che reprime libertà, sogni e futuro.
Tutto questo senza dare l’idea di un episodio limitato e quasi casuale. Anzi, Un semplice incidente diventa parabola universale nella quale un uomo è messo di fronte a un bivio: seguire l’istinto che indurrebbe ad andare verso la vendetta o rispondere al male subito dando spazio a perdono e misericordia? Si capisce che siamo davanti ad una nuova versione dello scontro vittima/carnefice. È lecito che l’uomo faccia finta di niente oppure dia spazio a un più che legittimo odio e ripaghi il carnefice con gli stessi sistemi da lui usati in passato? Si vede che si tratta di un dilemma morale dai toni quasi shakespeariani. Un film provocatorio che mette in campo i temi e poi lascia al pubblico l’ultima parola. Un giallo dell’anima, lo si potrebbe definire, per le molte implicazioni che sottende e per come fa crescere l’attenzione per un regista capace di mettere da parte le sofferenze subite e affidarle a un film mai come in questa occasione esercizio di libertà. Un film che scavalca il ricordo delle sofferenze passata da Panahi in prima persona, come si sa più volte arrestato e, in quanto artista, privato del suo ruolo di uomo e pensatore libero.
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