Mercoledì 10 Dicembre 2025 11:12
Uno spettacolo dedicato a chi studia in carcere


Al Palladium la drammaturgia teatrale firmata da D'Alfonso, ispirata ad “Assassinio nella cattedrale” di Eliot. Incasso destinato al Polo universitario penitenziario, diretto da Monina (Roma Tre)
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Che senso ha lo studio? Me lo chiedevo non solo durante il mio cursus studiorum, ma anche quando pensavo a come motivare quei ragazzi in dispersione scolastica che incontravo per le vie del quartiere quando ero viceparroco in una (ex?) borgata di Roma. I ragazzi mi dicevano che il diploma era solo un inutile pezzo di carta. Ora, cappellano della Sapienza, chiedo spesso ai ragazzi: per chi studi? Non per cosa.
Si studia per trovare lavoro, per affermarsi, per corrispondere alle aspettative familiari, o come un atto collettivo, per continuare a stare con i propri amici. Ma per chi, è diverso: si può accettare di spendere la vita per altro che per amore? Nel Lazio ci sono oltre 300 universitari detenuti, uomini e donne, in 12 dei 14 istituti penitenziari presenti nel territorio della regione. Lo studio in carcere è reso difficile dalle condizioni ambientali – il sovraffollamento è ovviamente la prima causa di disagio -; dalla burocrazia che occorre sormontare per entrare in carcere o per ottenere libri, device, materiale di cancelleria; dallo stigma sociale che rende difficile il reperimento di risorse pubbliche per finanziare lo studio dei detenuti.
Conoscendo il direttore del Polo universitario penitenziario Giancarlo Monina, docente di Roma Tre, abbiamo avuto l’idea di mettere in scena una drammaturgia teatrale, intitolata Waiting in the dark, liberamente ispirata ad Assassinio nella cattedrale di T. S. Eliot, scritta e diretta da Francesco d’Alfonso (traduzione inedita di Iolanda Plescia, docente della Sapienza). L’intero incasso sarà devoluto al Polo universitario penitenziario, che lo investirà nell’acquisto di materiale per lo studio degli universitari in carcere. Lo spettacolo andrà in scena giovedì 18 dicembre al Teatro Palladium alle 20. I biglietti si possono acquistare sul
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del teatro.Dunque, che senso ha lo studio in carcere? Viktor Frankl, in quel capolavoro che è Uno psicologo nel lager, sosteneva che aveva più possibilità di sopravvivere in un campo di sterminio non chi ben dotato fisicamente e muscolarmente, ma paradossalmente chi, magari gracile, era ben ricco di vita interiore. Lo studio rinforza l’uomo interiore, colui che resta solido mentre tutto intorno a lui viene meno. Da parte di chi sta fuori, sostenere lo studio di chi sta dentro è intanto fare il proprio dovere costituzionale di cittadini: la pena, sostiene la nostra Costituzione, dev’essere rieducativa. Poi una manifestazione della speranza di cui s’è parlato in lungo e in largo in questo Giubileo: la speranza che nessun essere umano resti indietro. Ripeteva il beato Giacomo Cusmano, il medico palermitano che divenne prete e fondò molte case di accoglienza per gli ultimi: «Quelli che non sono di nessuno sono i nostri». (Gabriele Vecchione, cappellano della Sapienza e vicedirettore dell’Ufficio diocesano per la pastorale universitaria)
10 dicembre 2025
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