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Lunedì 15 Dicembre 2025 03:12

???? «Fermeremo la fuga di cervelli» a Roma il maxi polo europeo per imprese e ricerca

Arriva il maxi polo europeo per imprese e ricerca: «Fermeremo la fuga di cervelli» segna una svolta per la capitale: con l’avvio di nuovi hub d’innovazione, dall’importante Rome Technopole ai centri per l’intelligenza artificiale, la città prova a trasformarsi in un centro europeo per imprese e innovazione. Un progetto che punta non solo alla crescita…
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Arriva il maxi polo europeo per imprese e ricerca: «Fermeremo la fuga di cervelli» segna una svolta per la capitale: con l’avvio di nuovi hub d’innovazione, dall’importante Rome Technopole ai centri per l’intelligenza artificiale, la città prova a trasformarsi in un centro europeo per imprese e innovazione. Un progetto che punta non solo alla crescita economica, ma anche a invertire la tendenza della fuga di cervelli, rendendo Roma un luogo dove studiare, creare, lavorare e restare.

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 Una nuova alba per l’ecosistema dell’innovazione italiana potrebbe iniziare non solo nei quartieri tecnocratici di Milano o nelle università di Pisa, ma proprio qui, fra le antiche mura e i lungotevere di Roma. L’ultimo anno ha visto la Capitale entrare in una fase di trasformazione, con investimenti pubblici e privati volti a consolidare un maxi polo europeo per imprese e ricerca che non sia una semplice “zona sperimentale”, ma un vero centro di attrazione per talenti, imprese hi-tech e gruppi internazionali.

L’obiettivo dichiarato? Fermare o quantomeno rallentare quella che è diventata, nei fatti, una fuga di cervelli senza precedenti: giovani laureati e ricercatori che, a causa di opportunità limitate nel panorama nazionale, si trasferiscono all’estero in cerca di condizioni migliori per la propria carriera.

L’idea è semplice, almeno sulla carta: se i migliori centri di innovazione sono in Europa, perché non costruirne uno competitivo qui a Roma?

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Al centro di questo cambiamento c’è il Rome Technopole, un progetto strutturato fin dal 2022 con l’obiettivo di creare un hub multi-tecnologico di dimensioni europee unendo università, istituti di ricerca e imprese. Non si tratta di un campus isolato: la filosofia “hub & spoke” organizza un centro nevralgico — il polo — collegato a vari “bracci” specializzati in ricerca applicata, trasferimento tecnologico, formazione e internazionalizzazione. Il tutto in settori chiave quali transizione energetica, digitale e salute, con la partecipazione di atenei e centri come La Sapienza e istituti di ricerca.

Il valore di questa iniziativa non sta solo nella mole di capitale investito — parte dei fondi proviene dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che spinge fortemente sull’innovazione — ma soprattutto nella visione di lungo termine: creare una piattaforma in grado di connettere studenti, ricercatori e imprese, accelerando il trasferimento di tecnologia dal laboratorio alla produzione reale.

L’espansione non si ferma qui. Progetti paralleli, come l’hub per l’intelligenza artificiale annunciato dal governo, hanno aggiunto nuovi tasselli alla cintura delle tecnologie avanzate presenti nella Capitale. Questo nuovo centro per l’AI sarà un luogo di cooperazione internazionale, concepito per sviluppare soluzioni condivise anche con organismi come le Nazioni Unite e la Commissione europea.

Al contempo, iniziative come il R.O.M.E. Digital Hub lavorano per spingere la trasformazione digitale delle PMI e delle pubbliche amministrazioni, potenziando le competenze locali e offrendo servizi di supporto alle imprese che vogliono innovare e competere sul mercato europeo.

La motivazione che più spesso ricorre nelle analisi sulla perdita di giovani talenti in Italia è la mancanza di opportunità adeguate per sviluppare progetti ambiziosi. Recenti dati mostrano come, in molte regioni italiane, un numero crescente di laureati scelga di trasferirsi all’estero, ampliando un fenomeno che pesa sia sull’economia sia sulle prospettive future del Paese.

Secondo studi del settore, non è tanto la retribuzione a spingere i giovani oltre confine, quanto la possibilità di lavorare in ambienti dinamici, con meritocrazia, risorse per la ricerca e collegamenti internazionali ben strutturati. Le istituzioni stesse hanno riconosciuto il problema: per attrarre o riportare talenti servono infrastrutture di ricerca eccellenti e condizioni competitive di mercato.

La costruzione di un epicentro europeo per imprese e ricerca a Roma non è un’idea isolata: è parte di una strategia più ampia per rafforzare l’ecosistema nazionale e collocarlo in un contesto europeo. Già altri Paesi stanno investendo in poli simili, mirando a trattenere competenze e attrarre investimenti. L’Italia, grazie alla sua posizione geostrategica e alla ricchezza culturale di Roma, parte con vantaggi competitivi unici — ma deve affrontare una concorrenza serrata, sia interna (altre città italiane spingono sui loro distretti tecnologici) sia esterna (centri di innovazione consolidati in Francia, Germania e Paesi Bassi).

Roma, città dall’immenso patrimonio storico, ha il compito di reinventarsi non solo come capitale culturale, ma anche come laboratorio di futuro. Una delle sfide principali passa per l’incrocio tra mondo accademico, pubblico e imprese, con sforzi congiunti per creare percorsi di formazione, workplace moderni e incentivi per la ricerca industriale.

PMI, startup e gruppi consolidati vedono nel nuovo polo un’opportunità concreta per accelerare progetti e accedere a reti internazionali. Realtà come il Tecnopolo di Castel Romano, con oltre 150 aziende tech e migliaia di professionisti del settore, rappresentano un primo esempio di come l’ecosistema stia crescendo.

Per le piccole e medie imprese, spesso limitate da risorse e accesso alla tecnologia, l’interazione con un hub di tale portata può significare accesso a laboratori di ricerca, programmi di incubazione, occasioni di finanziamento e partnership con università e centri di eccellenza. In pratica, quella che una volta era una distanza tra ricerca accademica e impresa si sta gradualmente accorciando.

Nel tessuto economico e sociale romano, l’annuncio dell’arrivo di questi centri ha suscitato aspettative positive, ma anche domande critiche. C’è chi vede nel maxi polo una boccata d’ossigeno per l’economia cittadina, attirando investimenti esteri e generando occupazione qualificata. Altri sottolineano rischi legati alla possibile concentrazione di risorse in alcune aree, con il timore che quartieri periferici restino esclusi dal processo di crescita e innovazione.

Nel medio termine, la sfida sarà fare di Roma non solo un polo di ricerca, ma un ecosistema sostenibile per innovazione e impresa. Significa sviluppare infrastrutture che vanno oltre i laboratori: connessioni digitali avanzate, poli logistici, housing per ricercatori e startup, politiche di supporto fiscale e una cultura che valorizzi il merito e la collaborazione internazionale.

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