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Sabato 13 Dicembre 2025 15:12

????  Progetto Tobia, Integrazione socio‑sanitaria e inclusione

Arriva al Pertini il servizio dedicato alle persone con disabilità complesse: un modello centrato sulla persona e sulla continuità tra ospedale e territorio Giorni significativi per l’assistenza sanitaria inclusiva quella appena celebrata all’Ospedale Sandro Pertini di Roma. Con l’inaugurazione di un nuovo centro del Progetto Tobia – acronimo di Team Operativo Bisogni Individuali Assistenziali –…
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Giorni significativi per l’assistenza sanitaria inclusiva quella appena celebrata all’Ospedale Sandro Pertini di Roma. Con l’inaugurazione di un nuovo centro del Progetto Tobia – acronimo di Team Operativo Bisogni Individuali Assistenziali – la Regione Lazio porta avanti una visione di integrazione socio‑sanitaria che mette al centro le persone con disabilità intellettive e relazionali, promuovendo percorsi di cura più umani, personalizzati e accessibili.

Il modello, che ha già visto applicazioni in diverse strutture sanitarie del territorio laziale, approda così in uno dei più importanti presidi ospedalieri della Capitale con l’obiettivo di abbattere barriere culturali e assistenziali, riformulando l’esperienza ospedaliera per le persone più fragili.

Un Servizio Pensato per chi “non trova soluzione nella guarigione”

Nel corso dell’inaugurazione, l’assessore alla Inclusione sociale e servizi alla persona della Regione Lazio, Massimiliano Maselli, ha descritto il Progetto Tobia come «un esempio concreto di integrazione socio‑sanitaria» capace di trasformare la relazione tra paziente e sistema sanitario. La sfida, ha sottolineato, non è solo tecnica, ma culturale: saper accogliere e accompagnare persone fragili in un ambiente che spesso è percepito come freddo e alienante.

Secondo Maselli, progettare l’accesso alle cure pensando alle esigenze specifiche di ogni individuo significa umanizzare la medicina e consentire a famiglie e caregiver di vivere con maggiore serenità le difficoltà legate alle visite, agli esami diagnostici e a eventuali ricoveri.

Il direttore generale della ASL Roma 2, Francesco Amato, ha definito la nuova struttura come un punto di riferimento per “chi non trova soluzione nella guarigione ma che richiede cura”, sottolineando l’importanza di garantire continuità tra ospedale e territorio nelle fasi più delicate del percorso assistenziale.

Alla base del progetto c’è un approccio multidisciplinare: l’équipe che opera all’interno del servizio è composta da medici, infermieri, operatori sociosanitari, assistenti sociali e altre figure esperte nel trattare fragilità complesse. L’obiettivo è offrire percorsi di cura su misura, che tengano conto delle specificità di ciascun paziente e delle sue esigenze comunicative o relazionali. 

Nel concreto, l’accesso ai servizi avviene tramite un primo contatto, che può essere telefonico o via email, seguito da una valutazione clinica dedicata per strutturare un piano di intervento personalizzato. Questo approccio permette di ridurre stress, attese e procedure invasive per chi fatica a collaborare con i tradizionali processi sanitari.

Il progetto Tobia non nasce oggi: attivo dal 2019 presso l’Ospedale San Camillo‑Forlanini, si è progressivamente esteso a numerosi ospedali e servizi sanitari del Lazio, incluse strutture come l’Ospedale Grassi di Ostia e quello di Civitavecchia. In queste sedi, il servizio ha già dimostrato la sua efficacia: all’Ospedale Grassi, ad esempio, in soli tre mesi sono state erogate oltre 160 prestazioni a 29 pazienti con grave disabilità intellettiva, confermando l’importanza di un percorso mirato che riduce le barriere all’accesso alle cure.

A livello regionale, la diffusione del modello Tobia è supportata dall’adozione di Linee d’indirizzo che uniformano modalità operative e criteri assistenziali, inserendo il servizio all’interno della rete TOBIA‑DAMA (Disabled Advanced Medical Assistance). Queste linee guida consentono di replicare il modello in modo coerente in tutte le strutture partecipanti, garantendo equità e continuità di assistenza.

https://www.redattoresociale.it/media/gabriele_in_ospedale?s=64

Oltre all’aspetto clinico e sanitario, il progetto tocca questioni culturali profonde. Per molte famiglie con persone disabili, l’accesso a un percorso di cura tradizionale può rappresentare un’esperienza traumatica o frustrante. Tobia vuole invertire questa tendenza, costruendo in ospedale un ambiente dove accoglienza, ascolto e partecipazione del caregiver siano parte integrante del processo di cura.

Le esperienze avviate in altre strutture – come l’estensione del modello agli Istituti Fisioterapici Ospitalieri (IFO) per pazienti oncologici con fragilità complesse – mostrano come il servizio possa rispondere a molteplici bisogni, non solo di natura clinica ma anche psicologica ed emotiva. L’obiettivo è garantire ai pazienti, indipendentemente dalla diagnosi o dal contesto di cura, percorsi che rispettino la dignità umana e la partecipazione attiva al proprio percorso terapeutico.

I risultati concreti non mancano: alcuni centri Tobia, come quello dell’ASL Rieti, hanno ricevuto riconoscimenti nazionali per l’efficacia e l’innovazione del modello, segno che l’approccio integrato non solo migliora l’esperienza dei pazienti ma rappresenta un valore aggiunto anche per l’efficienza organizzativa della sanità pubblica.

L’arrivo del Progetto Tobia all’Ospedale Sandro Pertini è dunque molto più di una semplice inaugurazione. Rappresenta l’affermazione di una visione di sanità che riconosce l’unicità della persona, accoglie la complessità dei bisogni e costruisce risposte che superano la logica della cura standardizzata. È un passo verso un sistema più equo, umano e attento alle realtà spesso invisibili ai percorsi di cura tradizionali.

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