Mercoledì 17 Dicembre 2025 16:12
Jarmush e la ricerca di umanità e verità


In "Father Mother Sister Brother", Leone d'Oro a Venezia, tre diversi quadri familiari, raccontati come in un «anti film d'azione», dallo «stile discreto e pacato», spiega il regista
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All’ultima mostra di Venezia, la giuria presieduta da Alexander Payne lo ha premiato con il Leone d’Oro. Stiamo parlando di Father Mother Sister Brother, film targato Stati Uniti in sala dal 18 dicembre, diretto da Jim Jarmush, regista che, pur essendo tra i nomi di punta del cinema americano contemporaneo, non ha mai toccato la popolarità di Spielberg o di Lucas. È che Jarmush si è tenuto sempre lontano dai kolossal spacca-botteghino alla Indiana Jones, a favore di un cinema più appartato e intimista ma non per questo meno coinvolgente.
Una prima particolarità è che si tratta di un film a episodi. Osserviamo tre quadri familiari. Qui, tra le pareti di casa, si snodano silenzi, omissioni e bugie tra genitori e figli. La storia comincia in un’anonima città degli Stati Uniti dove un fratello e una sorella molto timorosi fanno visita all’eccentrico padre. Lo scenario si sposta poi a Dublino dove le due figlie di una severa scrittrice vanno a trovarla per rispettare l’impegno del loro appuntamento annuale di fronte ad una tazza di tè. L’ultimo segmento prende vita a Parigi, dove due gemelli si ritrovano a gestire l’appartamento dei genitori dopo la loro morte.
Dice Jarmush: «Si tratta di una sorta di anti-film d’azione, il cui stile discreto e pacato è attentamente costruito per consentire l’accumularsi di piccoli dettagli, quasi come fiori disposti con cura in delicate composizioni». È come una confessione a cuore aperto, l’ansia di dare spazio a umorismo supportato da ironia pungente. In particolare nei primi due episodi il faccia a faccia tra genitori e figli adulti si muove incapace di trovare un dialogo sincero e profondo, e lascia che a prevalere siano imbarazzi, espressioni di maniera e una generica superficialità. Nel terzo episodio invece, quello parigino, il lutto per la perdita dei genitori getta sulla vicenda ombre malinconiche e dolorose.
Non c’è dubbio che il regista faccia ricorso a belle intuizioni formali. Ma l’utilizzo di fervide trovate di linguaggio non è certo una novità per questo regista nato a Akron (Ohio) nel 1953: mediometraggio di esordio nel 1980 (Permanent vacation), secondo film nel 1984 (Stranger than Paradise) grande successo al festival di Cannes, premiato anche con il Pardo d’oro a Locarno, e al Sundance Film Festival 1985. Ma i film per i quali Jarmush ha lasciato il segno nel cinema americano sono Dead Man (1995), splendido western noir, Coffe and Cigarettes (2003), commedia surreale /esistenziale girata in b/n; Broken Flowers (2005), con un protagonista che vaga da un punto all’altro dell’America cercando un luogo dove fermarsi; Paterson (2016), ossia un solitario autista di bus che scrive poesie. Adesso è chiaro perché Payne ha dato il Leone d’oro a Jarmush: sono cineasti che vanno nella stessa direzione della ricerca di umanità e verità.
17 dicembre 2025
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