Giovedì 18 Dicembre 2025 11:12
Trump: «Il nostro Paese, più forte che mai»


Nel suo discorso alla nazione, il presidente ha annunciato un «boom economico senza precedenti». Tuttavia, i dati raccontano una realtà diversa. Gli attacchi ai democratici
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Diciotto minuti che sono sembrati un comizio elettorale più che un discorso alla nazione. Ieri sera, 17 dicembre, il presidente Donald Trump si è rivolto agli americani in prima serata dalla Sala dei ricevimenti diplomatici della Casa Bianca, tra due alberi di Natale e con alle spalle il ritratto di George Washington. Ma l’atmosfera solenne della location non ha attenuato i toni fortemente politici e divisivi di un intervento che ha lasciato molti ascoltatori perplessi e i fact checker al lavoro per ore. «L’America è rispettata. E il nostro Paese è tornato più forte che mai», ha esordito Trump, promettendo «un boom economico senza precedenti». Parole che suonano sempre più vuote per milioni di americani che continuano a fare i conti con l’aumento del costo della vita, dell’inflazione e della disoccupazione. Il presidente ha parlato con un ritmo incalzante, quasi nervoso, molto diverso dai suoi soliti monologhi di oltre un’ora, ma il contenuto era fin troppo familiare: attacchi ai democratici, accuse al predecessore Joe Biden, promesse di futuri benefici economici.
La strategia comunicativa di Trump sembra cristallizzata in un eterno presente elettorale. Undici mesi dopo il suo insediamento, il presidente continua a incolpare chi lo ha preceduto: «Ho ereditato un disastro, e lo sto sistemando»”, ha ripetuto più volte. Un ritornello ormai logoro, che però serve a distogliere l’attenzione dai dati economici sempre più preoccupanti e da sondaggi che fotografano una popolarità in caduta libera, con solo il 39% degli americani che approva la sua gestione. Il discorso aveva l’obiettivo di rassicurare l’opinione pubblica sull’economia, ma è apparso invece come un tentativo disperato di riconquistare consenso. Trump ha cercato di presentare un quadro roseo – mercato azionario in rialzo, prezzi della benzina in calo, investimenti nell’intelligenza artificiale – ma la realtà percepita dalle famiglie americane racconta una storia diversa. L’inflazione, che era in calo dopo aver raggiunto il picco massimo degli ultimi quarant’anni nel 2022, ha ripreso a salire dopo l’annuncio dei dazi ad aprile, passando dal 2,3% al 3% annuo. Più grave ancora la situazione occupazionale: il tasso di disoccupazione è salito dal 4% di gennaio al 4,6% di novembre, raggiungendo il livello più alto da settembre 2021.
L’unica novità concreta del discorso è stata l’annuncio di un «dividendo per i guerrieri» di 1.776 dollari per ciascuno degli oltre 1,4 milioni di membri delle forze armate statunitensi. «Gli assegni sono già in arrivo», ha dichiarato Trump, attribuendo il merito di questo pagamento ai fondi derivanti dai dazi. Una mossa simbolica – il numero 1.776 richiama l’anno dell’indipendenza americana – che difficilmente placherà le preoccupazioni economiche più ampie della popolazione. Per il resto, il presidente ha riproposto il repertorio abituale dei suoi comizi: ha collegato l’economia alla campagna di deportazioni di massa, sostenendo che l’espulsione degli immigrati garantirebbe «più case e più posti di lavoro per gli americani». Ha promesso «alcuni dei piani di riforma abitativa più ambiziosi nella storia americana» per il nuovo anno, senza però fornire dettagli. Ha anticipato che annuncerà presto la scelta del nuovo presidente della Federal Reserve, assicurando che la persona selezionata abbasserà i tassi di interesse. Ha persino cercato di addossare ai democratici la responsabilità dell’aumento dei premi assicurativi, nonostante siano stati proprio i repubblicani a opporsi all’estensione dei sussidi dell’Affordable Care Act. Non ha però menzionato la campagna di pressione contro il presidente venezuelano Nicolás Maduro o un possibile attacco militare, come pronosticato da molti analisti.
Il tentativo di concludere con una nota positiva – menzionando le Olimpiadi e i Mondiali di calcio che si terranno negli Stati Uniti e ricordando che il 2026 segna il 250° anniversario della Dichiarazione di indipendenza – non è riuscito a mascherare il tono fondamentalmente divisivo di un discorso che non sembra aver conquistato il favore dell’opinione pubblica, sempre più stanca di una campagna elettorale mai definitivamente conclusa. (Maddalena Maltese)
18 dicembre 2025
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