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Giovedì 18 Dicembre 2025 13:12

Monsignor Pesce: «La pace è la vocazione dell’uomo»

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Parroco di Santa Maria ai Monti e direttore della Pastorale sociale diocesana, promotore di incontri sui testimoni e sulle parole della pace. I suoi "referenti"? Paolo VI, don Milani e don Mazzolari

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Spot tv e radio, video e articoli – protagonisti anche i periodici diocesani come Romasette.it iscritti alla Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici) – mettono in luce, nell’ambito della campagna Cei per la sensibilizzazione sul sostegno ai sacerdoti, l’impegno dei presbiteri e le attività promosse grazie alla collaborazione con i laici. Opportunità per richiamare alla corresponsabilità economica verso l’operato dei sacerdoti e sentirsi “
Uniti nel dono
“. Nella campagna di sensibilizzazione si inserisce il racconto di storie dell’impegno di sacerdoti come quella di oggi dedicata all’esperienza di monsignor Francesco Pesce, parroco di Santa Maria ai Monti

È possibile trovarlo nell’ufficio parrocchiale solo quando piove o fa molto freddo. In caso contrario, la sua scrivania e la sua sedia sono i gradoni della fontana dei Catecumeni in piazza Madonna dei Monti. Qui tutti sono certi di trovare il pastore per una guida spirituale o l’amico con cui scambiare quattro chiacchiere. È monsignor Francesco Pesce, 60 anni, nato e cresciuto a Roma. Da 16 anni è parroco di Santa Maria ai Monti, a due passi dal Colosseo. È convinto che «la parrocchia non è la sacrestia, né l’edificio sacro, ma il territorio – spiega -. Parrocchiano è anche il non credente, colui che coltiva, nutre e incarna sani valori, come la giustizia, o il turista che entra per visitare la chiesa o il pellegrino giunto a Roma per il Giubileo. La parrocchia è quella che si può “toccare” con mano e coincide con il territorio».

Si è formato alla scuola di Paolo VI, don Lorenzo Milani e don Primo Mazzolari. I “tre referenti” sui quali ha forgiato la sua identità pastorale. Papa Montini, in particolare, lo ha «sempre affascinato», specie «la dedizione totale, in corpo e anima, al Vangelo e alla Chiesa». Confessa di conoscerne gli scritti «addirittura a memoria». La vocazione sacerdotale di don Francesco, ordinato sacerdote nel 1999 da Papa san Giovanni Paolo II, è maturata approfondendo il magistero di Montini e si è palesata negli anni ’80, in modo particolare durante il servizio militare, quando conobbe «la povertà morale e culturale» di tanti commilitoni. Capì che voleva dedicarsi ai più fragili, impegno che proseguì dando ospitalità a chi non ha casa, per esempio. Dal 2015, infatti, ha trasformato la canonica in due mini appartamenti, rispondendo all’appello di Papa Francesco e aderendo al progetto Caritas “Ero forestiero e mi avete ospitato”. Dopo aver dato alloggio a migranti, attualmente ospita due senza dimora «affiancati nel percorso di reinserimento sociale».

In qualità di direttore dell’Ufficio per la pastorale sociale, del lavoro e della custodia del creato del Vicariato di Roma, la sua attenzione si allarga a chi è vulnerabile nel mondo del lavoro. «Il nostro compito è capire perché c’è il lavoro povero – dice -, il lavoro sfruttato, gli stipendi bassi. Aiutiamo le parrocchie a riflettere su queste problematiche». L’altro grande tema su cui Pesce lavora è quello della pace, «un desiderio impellente che emerge in ogni conversazione – osserva -. La pace non è un’utopia, non è un metodo né un’aspirazione. Nei Vangeli Gesù dona la sua pace agli apostoli e san Paolo parla di “Cristo nostra pace”. È la vocazione dell’uomo. Siamo fatti per stare in pace dentro di noi, attorno a noi, con gli altri, tra le persone, tra i popoli, tra le nazioni».

Su questo tema, in collaborazione con la Pontificia Università Lateranense, don Francesco ha promosso prima un ciclo di incontri sugli «innumerevoli» testimoni di pace nella storia, e poi, quest’anno, un progetto sulle parole della pace, come diritto, non violenza, sicurezza, democrazia, disarmo, coscienza. «La guerra inizia con il linguaggio – dice -. La prima violenza è quella della lingua e dell’occhio. Avere un vocabolario della pace è importante anche in politica, dove a volte vediamo che ci sono gli “urlatori”».

Tra gli incarichi di don Pesce anche quelli di rettore della chiesa di San Gregorio Nazianzeno presso la Camera dei Deputati, assistente ecclesiastico di Roma della Fondazione vaticana Centesimus Annus Pro Pontifice, assistente ecclesiastico regionale della Federazione nazionale maestri del lavoro. «Nello svolgimento di ogni servizio pastorale mi aiuta molto avere uno sguardo universale sulle cose», evidenzia. In merito all’incarico a Montecitorio, si ferma a riflettere sul «connubio necessario» tra fede e politica. Se questo rapporto «fosse sempre stretto, l’Italia sarebbe migliore. La politica ha bisogno della fede cristiana, la Costituzione l’hanno scritta per buona parte i cattolici. Se facesse a meno del contributo cattolico, la politica sarebbe suicida».

18 dicembre 2025

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