Venerdì 19 Dicembre 2025 16:12
Intervista a Chiara Moscardelli
“Comprensorio Rossolago” è l’ultimo giallo di Chiara Moscardelli, scrittrice romana autrice di numerose opere come...
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“Comprensorio Rossolago” è l’ultimo giallo di Chiara Moscardelli, scrittrice romana autrice di numerose opere come “Volevo essere una gatta morta”, la serie di romanzi su Teresa Papavero e molte altre. La protagonista è Olga Bellomo, una giovane tatuatrice con un talento innato per risolvere misteri e tanta paura di lasciarsi andare ad una storia d’amore. L’opera ci ha stregato proprio per il personaggio di Olga, che non è una “superdonna”, ma una persona piena di luci ed ombre e, proprio per questo, umana e credibile. Ma non basta; tra gli altri punti forti del giallo ci sono la trama, avvincente e ricca di suspense, e lo stile narrativo della scrittrice, brillante ed ironico. Chi ha la fortuna di incontrare di persona Chiara Moscardelli ne capisce subito il motivo; il suo modo di scrivere dipende dalla sua simpatia esplosiva. Alzi la mano, infatti, chi la sente dire le sue battute per cinque minuti di seguito senza farsi grasse risate. Noi abbiamo tentato e fallito miseramente; almeno, siamo riusciti a farci concedere un’intervista.
La protagonista del romanzo è Olga, una tatuatrice che, sotto l’aspetto da dura, nasconde tante fragilità. Quanto c’è di te in lei?
Di solito le mie protagoniste un po’ mi somigliano, un po’ tanto. Diciamo che hanno seguito il mio percorso di vita e così è stato, più che mai, per Olga. In questo senso, è un personaggio che mi è particolarmente caro, perché è quello che più di tutti ha subito profondamente i miei cambiamenti. La primissima volta che mi è venuto in mente di scrivere di lei è stato durante il lockdown, in cui mi sono ritrovata improvvisamente chiusa in casa, senza poter uscire. Mi è preso il panico e ho capito che dovevo cambiare qualcosa. Appena finito il lockdown, la prima cosa che ho fatto è stata andarmi a fare un tatuaggio. Non ne avevo nemmeno uno e, a cinquant’anni, ne ho fatti 23. Il primissimo tatuaggio è stato quello di Cenerentola, che da bambina era il mio punto di riferimento, perché sognavo un principe azzurro sul cavallo bianco che mi salvasse. Poi si cambia, ci si evolve, e ho scelto Cenerentola perché ho fatto un percorso che mi ha portato a capire che non avevo bisogno del Principe Azzurro per salvarmi, ma che mi potevo salvare da sola; quindi, Cenerentola mi sembrava il coronamento di questo cammino. Da lì, mi è venuta in mente la costruzione di questo personaggio, che è Olga, una tatuatrice. Di me, in Olga non c’è nulla dal punto di vista fisico, a parte i tatuaggi. Lei è piccoletta, magra, addestrata al combattimento, mentre io – mettiamola così – non so combattere. Tuttavia, siamo simili; in “La ragazza che cancellava i ricordi”, il primo romanzo che ho scritto su di lei, Olga era una donna timorosa del cambiamento, così come anch’io avevo paura di cambiare, di evolvermi. Ha un passato molto ingombrante, ma che le fa comodo perché le consente di non vivere e di non rischiare. Si giustifica dicendo “io non posso apparire agli occhi del mondo, perché mio padre mi ha insegnato a combattere e mi ha detto che fuori è pericoloso, che i sentimenti e l’affetto fanno paura perché ti indeboliscono, ti rendono fragile, vulnerabile”. La verità è che lei ha paura. Ma quando in “La ragazza che cancellava i ricordi” sparisce una escort che lei aveva tatuato, si butta e cerca di risolvere il mistero; durante le indagini, farà un incontro importantissimo, quello con un giornalista di cronaca nera, Gabriele Pasca.
In questa seconda avventura di Olga, però, c’è un’evoluzione.
Sì, Olga ha una responsabilità maggiore rispetto al primo romanzo, dieci, cento volte maggiore, perché nel frattempo è successo qualcosa nella mia, di vita; ho deciso di licenziarmi, di vendere casa a Milano, quindi di uscire in qualche modo dalla zona di conforto. Dunque io sono cambiata, ho avuto il coraggio, e così ce l’ha Olga, di dire: “è arrivato il momento di puntare su di me”.
Vuoi parlarci di Gabriele Pasca, il protagonista maschile del romanzo?
Sono cresciuta con il mito di Cenerentola, Candy Candy e Terence, ed ero convinta che il maschio dovesse essere il Maschio Alfa, l’uomo “che non deve chiedere mai”. Poi, ho capito che la vera forza di un uomo deriva da tutt’altro, dalla forza dei sentimenti. Pasca incarna tutto questo; è un po’ goffo, ma risoluto. Ha paura di qualsiasi cosa, anche della sua ombra, ma non ha paura dei sentimenti. Sa che vuole Olga, la vuole con i suoi pregi e difetti. Paradossalmente, tra loro è Olga il Maschio Alfa, perché è lei che ha la forza bruta.
Perché hai scelto di ambientare il tuo romanzo a Trarego, posto incantevole, ma poco conosciuto?
Tutto è nato quando sono andata a trovare dei carissimi amici che abitano lì. Trarego è un posto pazzesco, a 900 metri sopra il Lago Maggiore, nella parte piemontese; è nascosto agli occhi del mondo, non si vede nemmeno su Google Maps. Lì, ho cominciato a camminare tra i boschi, e mentre lo facevo pensavo che se mi avessero ammazzato non mi avrebbe trovata nessuno; non prendeva nemmeno il telefono. Così, mi è venuto in mente di ambientare lì il romanzo. Però era difficile trovare il motivo per cui Olga, una tatuatrice, avrebbe dovuto nascondersi lì. Quindi ho dovuto adattare a questa esigenza il background di Olga, che è una donna dal passato misterioso, che si deve nascondere agli occhi del mondo perché sta scappando dalla vita, dai sentimenti, dall’amore; ha qualcosa che non va.
Nel tuo romanzo c’è anche il punto di vista anche del killer. É stato difficile ricostruirlo?
È stato molto difficile, perché mentre scrivevo mi rendevo conto che facevo capire troppe cose.
A me piaceva l’idea di avere la voce di lui, così l’ho inserita. Ogni 5,6 capitoli, si torna indietro nella narrazione e si vede il punto di vista del killer. Volevo mostrare la sua psicologia, far capire perché ha fatto quello che ha fatto. Anche lui ha un passato gravoso sulle spalle, “poveraccio”, ha un po’ tutto contro. Fa un errore e poi entra nel panico, così ne fa molti altri ed è il caos. Io volevo spiegare questi errori, ma nel farlo ho incontrato una grande difficoltà: quella di evitare di fare troppi spoiler.
Quanto ti diverti a scrivere?
Tantissimo. Certo questo libro è stato faticoso, perché scrivevo di Olga e dei suoi cambiamenti in un momento in cui anche io stessa stavo cambiando, e avevo sempre una voce interiore che mi scoraggiava; la stessa cosa vale per Olga. Quindi dovevo gestire un doppio elastico, il mio io interiore che mi tirava indietro e quello di Olga che faceva lo stesso. Però, adesso che sto promuovendo il libro mi sento leggera, quindi questo vuol dire che la direzione, in qualche modo, era giusta.
Quanto dei tuoi amici c’è nei tuoi libri?
In effetti c’è tantissimo dei miei amici, anche nei personaggi secondari. Però molto è dovuto alla mia fantasia di scrittrice, ad esempio non conosco nessuno che faccia i tarocchi come Giacomina, e anche Pasca è un personaggio totalmente di fantasia, proprio non esiste, diciamo che è nei “desiderata”.
Che rapporto instauri con i tuoi personaggi?
Io amo follemente i miei personaggi secondari, ma non le mie protagoniste, con cui anzi spesso e volentieri instauro un rapporto conflittuale, di odio-amore, perché rispecchiano i miei conflitti. Invece, con i personaggi secondari mi sento libera di spaziare con la fantasia, quindi tutto il mio amore è dedicato a loro. Sono loro i personaggi più forti, quelli che sostengono la protagonista e la traghettano verso la fine della storia.
Nei tuoi libri la figura del padre della protagonista è centrale.
Sì, in genere c’è un padre di cui la figlia sente il peso, ma che in realtà è assente, come io stessa sono stata privata dell’amore di un padre. Il primo amore della bambina è il papà e io sono stata privata di quell’amore, e questo ha conseguenze anche nella mia vita di adesso e nei miei personaggi. Quindi, a volte nei miei libri il padre è forte è perché sognavo di averne uno così.
Federica Focà
