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Venerdì 26 Dicembre 2025 07:12

Metro C: la linea dell’acqua

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Tra le varie caratteristiche che rendono la metro C unica, c’è sicuramente il legame intimo con l’acqua, che viene esaltato nelle stazioni di San Giovanni, Porta Metronia e nel pozzo 3.2 “Celimontana”.


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Se da una parte in quest’ultimo è stato ritrovato l’acquedotto dell’Aqua Appia, il primo dell’Urbe risalente al 312 a.C., dall’altra San Giovanni e Porta Metronia seguono il flusso dell’antica Aqua Crabra.


L’Aqua Crabra era un corso d’acqua proveniente dall’antica città di Tuscolo, situata tra i Colli Albani: le prime tracce di questa linea di approvvigionamento si trovano nel De Lege Agragria, l’orazione di Cicerone che fu pronunciata nel 63 a.C. contro la proposta di redistribuzione delle terre avanzata dal tribuno della plebe Publio Servilio Rullo.


La Crabra, infatti, alimentava la villa del Cicerone a Tusculum che in epoca tardo repubblicana era luogo di molte ville suburbane e di vacanza.


Il fiume scendeva dalle pendici dei Castelli Romani fino alla città, toccando le attuali zone di Morena, quindi la Torre del Fiscale: all’altezza di Porta Furba l’Aqua Crabra proseguiva nell’attuale quartiere Tuscolano, fino al sito dove oggi sorge la Basilica di San Giovanni in Laterano.


È proprio qui che nel 2014 è stato ritrovato un enorme bacino idrico 35 x 70 metri di una azienda agricola dal III secolo a.C. La vasca, foderata di coccio pesto idraulico, poteva conservare più di 4 milioni di litri d’acqua e forniva l’alimentazione necessaria a tutte le colture della tenuta: tra queste annoveriamo la coltivazione risalente al I secolo d.C. delle prime “prunus persica” di Roma. Frutti provenienti dalla Cina giunti nel mondo romano attraverso il contatto con la Persia: questi frutti così gustosi e zuccherini sono oggi noti come… Le Pesche.


Proseguendo il suo corso, l’Aqua Crabra giungeva presso l’area di Porta Metronia, dove è stata ritrovata la Domus del Comandante, un appezzamento militare che fu utilizzato per proteggere Roma fino alla costruzione delle Mura Aureliane (271-275 d.C.). Qui il fiume alimentava i giardini della Caserma, allestito su terrazze degradanti verso il corso d’acqua.


Da lì l’Aqua Crabra proseguiva il suo viaggio assecondando i clivi fino all’area del Circo Massimo, dove sfociava nella Cloaca Maxima.


Dopo la caduta dell’Impero e le distruzioni barbariche, l’Aqua Cabra fu riutilizzata da papa Callisto II che nel 1120 si pose il problema di recuperare risorse idriche senza realizzare opere complesse e costose. Il corso del fiume fu deviato all’altezza della Villa dei Centroni, a Morena, con uno sbarramento in muratura che deviava parte delle acque di questo fosso in un condotto sotterraneo preesistente, appartenente all'antico Acquedotto Claudio.


Dal Medioevo l’Aqua Crabra assunse il nome di Marrana o Marana. Tutt’oggi non è chiara l’origine di questa toponomastica, forse derivante dall’ager maranus luogo dove il flusso si allargava in un laghetto paludoso (“Mara” significa proprio “paludoso”, “stagnante”). Una denominazione che fu poi estesa a tutti i fossi e ai corpi idrici minori dell’Agro Romano.


In epoca papale, raggiunto il Fontanone di Porta Furba, il rivo si biforcava in due parti e nutriva i due Mulini la Mola de Supra e la Mola Vexalla, girando verso l’antica via Labicana e sfociando nell’Aniene all’altezza del Ponte Nomentano. Questa biforcazione più modesta in portata era detta la Marranella. Di entrambi i rivi è presente una traccia nell’attuale toponomastica delle strade.


L’interesse dei papi per la cura e l'incremento delle acque della Marrana fu costante. Innocenzo XIII, nel 1773, ordinò la captazione delle acque di altre due sorgenti; Pio VI intervenne egualmente nel 1793 e lo stesso Pio IX, nel 1856, concesse l'acqua scaturita durante la perforazione della galleria ferroviaria di Ciampino sulla linea Roma-Frascati.


Nel 1957, con la costruzione del quartiere Appio Latino, la Marrana fu deviata nuovamente e allontanata dall’urbanizzato, anche memori dell’inondazione della zona di Porta Furba del 1934. Il flusso fu deviato prima nel collettore di via Tuscolana; quindi, divenne in definitiva un affluente dell’Almone.


Sebbene lontana dal suo originale percorso, l’Aqua Cabra o della Marrana continua ad alimentare la nostra città, in un continuo dialogo tra la nostra vita e la nostra storia.



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