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Sabato 27 Dicembre 2025 12:12

La carne di Cristo neonato parla nella «carne che chiede cura»



Celebrata dal Papa la Messa del giorno di Natale nella basilica vaticana. Non accadeva da 31 anni. «La pace di Dio nasce da un vagito accolto, da un pianto ascoltato: nasce fra rovine che invocano nuove solidarietà, nasce da sogni e visioni che, come profezie, invertono il corso della storia»

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Nel Vangelo è il “come” a fare la differenza. Lo ha ribadito Papa Leone XIV che, nella Messa del giorno della solennità del Natale del Signore, ha delineato una teologia dell’incarnazione capace di sovvertire la logica del potere. A Natale non celebriamo solo la nascita di Colui che dona la pace, ma “come” è nato. Dio è venuto tra gli uomini come un neonato inerme, tracciando l’unica via della pace nella fragilità accolta e non nella forza esibita. Dio «ha stabilito fra noi la sua fragile tenda», ha detto il pontefice in una gremita basilica di San Pietro. Un’immagine che dalla Betlemme di 2000 anni fa rimanda alle odierne «tende di Gaza, da settimane esposte alle piogge, al vento e al freddo, e a quelle di tanti altri profughi e rifugiati in ogni continente, o ai ripari di fortuna di migliaia di persone senza dimora, dentro le nostre città».

Un implicito appello alla pace per le fragili popolazioni «provate da tante guerre» ma soprattutto un severo monito a chi strumentalizza le «fragili menti e vite dei giovani costretti alle armi, che proprio al fronte avvertono l’insensatezza di ciò che è loro richiesto e la menzogna di cui sono intrisi i roboanti discorsi di chi li manda a morire».

La Messa del giorno di Natale nella basilica vaticana torna ad essere presieduta dal Papa dopo 31 anni. L’ultimo a celebrarla la mattina del 25 dicembre fu san Giovanni Paolo II nel 1994. Nel prologo del Vangelo di Giovanni, Gesù è il Verbo incarnato. «Il “verbo” – ha sottolineato Leone – è una parola che agisce. Anche molte delle nostre parole producono effetti, a volte indesiderati». Volgendo lo sguardo al Bambinello adagiato ai piedi dell’altare della Confessione, il vescovo di Roma ha riflettuto che la carne di Cristo neonato parla oggi nella carne dei «tanti spogliati della loro dignità e ridotti al silenzio. La carne umana chiede cura – ha proseguito -, cerca mani capaci di tenerezza e menti disposte all’attenzione».

Venendo tra gli uomini Dio chiede accoglienza esponendosi al rifiuto. Se in questo gesto il mondo vede solo debolezza, il Papa individua il potere di diventare figli di Dio. «Un potere – ha avvertito – che rimane sepolto finché stiamo distaccati dal pianto dei bambini e dalla fragilità degli anziani, dal silenzio impotente delle vittime e dalla rassegnata malinconia di chi fa il male che non vuole». Citando quanto scritto da Papa Francesco nell’Evangelii gaudium in merito all’accoglienza della sofferenza del prossimo, Leone XIV ha spiegato che la pace nasce quando «la fragilità altrui ci penetra il cuore, quando il dolore altrui manda in frantumi le nostre certezze granitiche. La pace di Dio nasce da un vagito accolto, da un pianto ascoltato: nasce fra rovine che invocano nuove solidarietà, nasce da sogni e visioni che, come profezie, invertono il corso della storia».

Il Natale del Signore diventa anche pungolo per la comunità ecclesiale, rilanciando «una Chiesa missionaria, sospingendola sui sentieri che la Parola di Dio le ha tracciato. Non serviamo una parola prepotente, ne risuonano già dappertutto – ha constatato il Papa -, ma una presenza che suscita il bene, ne conosce l’efficacia, non se ne arroga il monopolio».

Al termine della Messa, a sorpresa, Leone ha effettuato il giro della piazza in papamobile per salutare i fedeli che hanno seguito la liturgia dai maxi schermi nonostante la pioggia. Una replica della sera precedente quando, inaspettatamente, prima della celebrazione della Messa della Notte di Natale, dal sagrato della basilica di San Pietro il Papa ha salutato 5mila fedeli.

Nell’omelia della Vigilia, citando Papa Benedetto XVI aveva sottolineato che «sulla terra non c’è spazio per Dio se non c’è spazio per l’uomo». Pertanto, «non accogliere l’uno – ha avvertito – significa non accogliere l’altro. Invece là dove c’è posto per l’uomo, c’è posto per Dio». Da qui sono scaturite due contrapposizioni. La prima tra la logica del mondo e la sua «economia distorta» e quella di Dio che «si fa simile a noi, rivelando l’infinita dignità di ogni persona». La seconda ribalta la concezione del potere. «Mentre l’uomo vuole diventare Dio per dominare sul prossimo, Dio vuole diventare uomo per liberarci da ogni schiavitù», ha concluso il Papa.

27 dicembre 2025

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