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Domenica 28 Dicembre 2025 10:12

Intervista a Marco Malvaldi

L’anno sta per finire, ed è tempo di bilanci. In attesa dell’imminente uscita delle nuove...

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L’anno sta per finire, ed è tempo di bilanci.

In attesa dell’imminente uscita delle nuove puntate della serie televisiva di Sky “I delitti del BarLume”, tratta dai romanzi di Marco Malvaldi, abbiamo almeno una certezza: il 2025 è stato un anno assai prolifico per lo scrittore toscano.

A giugno è uscito “Piomba libera tutti”, l’ultimo capitolo della spassosissima serie dei delitti del BarLume; stavolta, gli appassionati della saga sappiano che il giallo strapperà loro le solite, grasse risate, ma anche qualche lacrima.

Ad agosto, è stata la volta di “Se fossi al vostro posto”, un volume in cui lo scrittore dimostra, con un linguaggio chiaro e comprensibile anche per i non addetti ai lavori, gli enormi vantaggi di applicare un metodo logico e matematico a tutti i campi umani, compresa la giustizia.

Malvaldi ha gentilmente accettato di parlare ai lettori di queste due opere, con un occhio ai suoi progetti futuri.

1) In Piomba libera tutti, la vecchia signora con la falce finisce per ricordarsi dei vegliardi del BarLume. E noi che pensavamo che fossero immortali. Perché ha scelto di far morire proprio Aldo Griffa?

Aldo è il mio alter ego, è la persona che mi immagino di essere io a novant’anni, sperando di arrivarci. Quindi, dovendo togliere i sentimenti a uno dei quattro vecchietti mi sembrava educato partire da me stesso, senza coinvolgere altre persone. Il fatto è che Aldo muore ma non muore, perché come tutti i personaggi letterari anche quando muoiono rimangono lì; la loro vita dipende dalle persone che li leggono. Se rimangono vivi nella nostra testa non muoiono mai. Per questo, appunto, Aldo è morto biologicamente, ma in realtà in tutto il giallo le sue parole continuano, risuonano, vengono richiamate, riecheggiano, e così sarà anche nei prossimi gialli del BarLume. I vecchietti rimarranno sempre quattro.

2) In un giallo, la scena del crimine è particolarmente importante. In “Piomba libera tutti”, la vittima viene trovata in un garage condominiale. Perché proprio lì?

Un garage, esattamente come un ascensore, è il luogo comune di un condominio, e il luogo comune è molto importante, perché essendo frequentato da tutti succede che molte prove scientifiche, come ad esempio il DNA che può provenire dal contatto con le mani, con il sudore, con la saliva o altro, non servono assolutamente a niente. Pensiamo a una persona che viene uccisa in un ascensore. Ci sono le impronte digitali di alcuni condomini dentro l’ascensore, ma è assolutamente normale, abitano lì! E chiaro che ci sono! Quindi nelle indagini non si può fare affidamento totale su questo tipo di prove, bisogna usare anche il caro, vecchio metodo logico-deduttivo. Se in questo momento voi tornaste a casa e prendeste questi oggetti con cui stiamo facendo la registrazione trovereste sopra il mio DNA; le minuscole particelle di saliva che emetto vanno a finire qui sopra. Cosa significa, che ho ucciso qualcuno? Sì, ma non potete saperlo da questo!

3) Vuole dirci qualcosa della vittima, Giada Meini?

Qui si va sulla statistica. Un condominio è un qualcosa fatto, diciamo come ordine di grandezza, di decine di unità abitative; di solito, sei, otto, dieci, venti. Un numero talmente grande di famiglie, quindi di persone, implica che è veramente improbabile che non ci sia nessuno che non sta sui “cosiddetti” a tutto il palazzo. Questo lo vediamo succedere tipicamente nelle riunioni di condominio, che sono una delle occasioni in cui si tira fuori il peggio dell’essere umano. Come il traffico, la riunione di condominio tira fuori di tutto, sei disposto ad usare tutti i tuoi millesimi contro l’avversario. Siccome questi gialli, secondo me, servono come intrattenimento e sfogo, ammazzare il condomino molesto è una delle cose più belle che tu possa fare. Quindi, appunto, siamo in un condominio, e siamo nella realtà.

4) Dai tempi di “La briscola in cinque” è passata tanta acqua sotto i ponti. Quanto è cambiato da allora Massimo, il barrista matematico?

Sono passati diciotto anni, è diventato maggiorenne, nel senso che ha una compagna stabile, ha una figlia, ha un lavoro fisso. Nei primi tempi il bar era un passatempo, era un qualcosa che aveva fatto come scelta di socialità; adesso, invece, è un lavoro vero, è un’impresa che è cresciuta insieme ad altre persone. Massimo è, bene o male, consapevole del fatto che quella è la sua vita. Per certi versi è cresciuto insieme a me; io sono del ’74, mentre Massimo è del ’68. Me lo sono immaginato un po’ più grande di me perché speravo che avesse un po’ più di giudizio; la cosa non è successa. Un po’ come molti di noi è ancora convinto di avere trent’anni anche se ne ha quasi sessanta! Però dal collo in su è ancora convinto di avere trent’anni, quindi fin quando l’evidenza non lo condanna continuerà a ragionare sul mondo.

5) I suoi gialli fanno come minimo sorridere, e spesso fanno fare grasse risate. E non era facile, visto che il presupposto di un giallo è la presenza di un morto ammazzato. Come ci riesce?

Ci riesco grazie all’intelligenza del lettore, che sa benissimo che quel morto ammazzato è un morto di carta, che quel morto non esiste. Il grande miracolo dei libri è che sono storie vere che abbiamo inventato; quindi, sappiamo che nessun essere umano è stato maltrattato, infilzato o sventrato. Per produrre questi libri non esistono morti reali, solo morti fittizi. Questo sapere che la storia di cui parliamo non esiste ci aiuta, perché ci permette di ridere. Secondo me la risata è un meccanismo che si verifica soprattutto quando un evento è imprevisto; un evento che puoi prevedere non ti fa ridere. Poi, quando quell’evento, oltre a essere imprevisto, è incoerente. Per esempio, una martellata in testa è imprevista, ma non fa ridere, a meno che tu non la dia a tua suocera. L’incoerenza è fondamentale. Una delle scene più divertenti alla quale io abbia mai assistito l’ho vista quando facevo il cantore in duomo. Durante la messa pasquale entra in chiesa l’arcivescovo microfonato e scivola sull’ultimo gradino bagnato. Lì gli scappa un bestemmione, all’arcivescovo microfonato! Capisci, cosa c’è di più incoerente di un vescovo che bestemmia? In più, la cosa più importante è la terza, ossia che la risata non mette a rischio la tua sopravvivenza. Una cosa può essere imprevista, incoerente e pericolosa, in questo caso è imprevista e incoerente, ma innocua. Quindi non hai assolutamente niente da temere. Ecco, la risata è questo, è una mancanza di capacità di prevedere il futuro, di capacità di riconoscere un tuo errore cognitivo, però senza conseguenze, e quindi come risultato: risate.

6) In “Se fossi al vostro posto” ci rivela come si costruisce un giallo. Vuole spiegarcelo?

La matematica non sono solo calcoli, questa è una cosa molto, molto importante. Se uno ci pensa, anche la legge per certi versi è matematica, ci sono dei teoremi che sono le leggi e ci sono delle applicazioni che discendono da quei teoremi. Il giallo si costruisce al contrario, si parte dalla fine. E un po’ come prendere un cubo di Rubik nuovo, scompaginarlo, disordinarlo e poi ricordarsi tutte le mosse che si sono fatte. Uno sembra un genio, in realtà è semplicemente una persona che ha un’ottima memoria. Se ci si ricorda tutte le mosse che si sono fatte basta ripeterle, raccontarle al contrario e si arriva alla soluzione. Qual è la cosa più importante per scrivere un buon giallo? E quella di capire quali sono i rami più promettenti, e quali invece quelli da potare. Quando fai crescere al contrario una storia capisci che alcune di queste diramazioni che ti vengono in mente sono “ganze”, sono al sole, sono da raccontare e invece altre sono stortignaccole, sono brutte; quindi, poti per dare importanza ai rami più belli, facendo bene attenzione che il ramo principale sia nascosto e nessuno lo veda, anche se se uno guarda l’ombra lo intuisce.

7) Nel libro afferma che, in un mondo in cui la parola sembra aver perso ogni valore razionale, l’applicazione di un metodo matematico sia l’unica strada percorribile per prendere decisioni razionali in tutti i campi umani, inclusa la giustizia.

Il fatto è che la parola, la frase, è un qualcosa al quale noi non riusciamo ad attribuire un valore di verità. Specialmente in questi ultimi tempi stiamo vedendo affermazioni assurde anche in ambito di giustizia. Il recente caso di Garlasco ha portato alla luce analisi in cui lo stesso genetista dice che il DNA non è utilizzabile, ma che comunque non si può escludere che si tratti del DNA di Alberto Stasi. Se non è utilizzabile quella frase non si può utilizzare, è qualcosa di veramente illogico. In questo il numero, l’utilizzo del calcolo, ci dà una certezza in più, se noi riusciamo in questo capolavoro immane di trasformare una storia in una catena di probabilità. Tu puoi convincermi che la luna è fatta di formaggio, ma non mi puoi convincere che 5 sia minore di 3! Non puoi in nessun modo, quindi in questa maniera si persegue un’obiettività. È chiaro che non puoi ridurre la giustizia a mero calcolo, però nello sforzo di farlo si utilizzano dei processi mentali che possono aiutare a ricostruire la storia. Si tratta veramente di un qualcosa, e questo è l’aspetto confortante, in cui non c’è bisogno di essere dei matematici sopraffini, si tratta veramente di fare dei disegnini con frecce che portano a caselle e caselle da cui escono frecce. Algoritmi, che però si usano su circuiti, su meccanismi che l’uomo fa. E questo è molto importante! Non dai da leggere degli atti a una macchina e poi lasci fare a lei; il modello, che sia un modello matematico o un modello di giustizia, è fatto dall’essere umano. Però, in questo modo l’essere umano si sforza di pensare a quelle che sono le possibili cause, a quelle che sono le storie parallele, a quelle che sono le possibili implicazioni sui possibili significati di una testimonianza documentale e quant’altro; quindi, è un ulteriore sforzo che può aiutare a ricostruire quella che è la verità giudiziaria, posto che la verità assoluta non la possiamo mai raggiungere.

8) Nel 2025 ha pubblicato ben due libri. Possiamo sperare che il 2026 sia altrettanto sia prolifico per lei?
Se tutto va bene, i libri dovrebbero essere addirittura tre! È la prima volta che lo dico. Dovrebbe uscire un saggio piccolo sullIntelligenza Artificiale, incentrato in particolare su quello che è l’aspetto più recente, “LLL”, Large Language Model, tipo Gemini, GPT e Lama, perché non tutti, o almeno una vasta maggioranza di persone, sanno bene come questi oggetti funzionino, e soprattutto non si sa quand’è che non funzionano. Poi, con mia moglie Samantha stiamo già scrivendo il prossimo libro della serie di Corinna e Serena, che dovrebbe intitolarsi “Futuro in affitto” e che parla, tra le altre cose, di studenti universitari. Poi c’è un altro libro, il terzo, sui cui non dico niente.

Federica Focà

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