Domenica 8 Novembre 2020 13:11
Mens sana in corpore sano. Sì, ma come in tempo di Covid?
Nella decima satira (capoverso 356) di Giovenale si legge: orandum est ut sit mens sana in corpore sano (bisogna pregare
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Decimus Iunius Iuvenalis nacque ad Aquino tra il 50 e il 60 d.C., fu poeta e retore romano; purtroppo ci sono arrivate poche notizie della sua vita, ma per fortuna le 16 Satire (e l’amicizia con Marziale, grande conoscitore di vini) ci permettono di fare alcune considerazioni di 2000 anni fa, per me ancora attuali. L’amarezza ed il pessimismo che pervadono tutta l’opera (ovviamente quella che ci è pervenuta) ci fa sospettare che Giovenale fosse un “cliens”, quindi un poeta-scrittore privo di libertà espressiva, per cui è comprensibile il suo rifugiarsi in una satira inneggiante ai tempi passati, in contrapposizione al “mala tempora currunt sed peiora parantur” (purtroppo ancora valida). Morì a Roma dopo il 127.

Con la ginnastica (non finalizzata alla guerra), con lo studio della musica, poesia, (del teatro, aggiungo io) ecc. ecc.


Risposta: intanto non dispongo di tutto lo spazio necessario, ma poi è proprio nel vivere, confrontarsi fisicamente con gli altri, respirare dentro questi luoghi (sacri per me), che riesco a raggiungere l’armonia psico-fisica.
Insomma possibile che siano la “mia” palestra e i “miei” Teatri causa dell’epidemia?
La “mia” palestra (la Salvetti a Centocelle) ha impostato le lezioni (di yoga) nel massimo rispetto delle norme anti-covid e il teatro Artemisio-Gian Maria Volonté di Velletri non è stato da meno.

Ma allora perché punire tutti? Non sarebbe più giusto sanzionare pesantemente soltanto chi se lo merita?
“Fare di tutta l’erba un fascio” non ha mai portato a buoni risultati.
Così come chiudere posti letto, ospedali, pronto soccorsi, ecc. in maniera indiscriminata, ci ha portato ad essere impreparati alla pandemia.
Per anni e anni si sono ridotti organici e ospedali per ridurre la spesa sanitaria, che invece è aumentata.
Corruzione, inefficienza, incapacità manageriale?
Gli ospedali sono stati trasformati in aziende ospedaliere, come se potessimo dare un valore solamente monetario alla salute pubblica.
Sembra quasi che, se il paziente sia vecchio e per di più anche pensionato, debba essere eliminato per non essere un peso per la società produttiva!

Mentre faccio queste riflessioni, che magari non sono solo le mie, nella regione Lazio si attuano misure precauzionali per la diffusione del virus maledetto.
Si utilizzano così cliniche private-convenzionate e Hotel privati per far fronte alle varie esigenze sanitarie.
Però mi chiedo: perché non riaprire alcuni ospedali pubblici (solo nei Castelli Romani: Rocca Priora, Marino, Albano, Ariccia, Genzano), che sono stati chiusi di recente e non sono affatto fatiscenti, tanto più che alcuni degli ospedali succitati sono ancora funzionanti come poliambulatori, casa della salute ecc.?
Insomma riaprire un ospedale pubblico, come quello di Marino, che ha funzionato sino a pochi anni fa come un vero ospedale (pronto soccorso, 5 sale operatorie, una sala gessi, una sala parto, reparto di chirurgia, medicina, pediatria, ostetricia, nido, tutti i servizi ecc.) costerebbe molto di più che adattare Hotel o case di cura convenzionate?
C’è ovviamente una grande difficoltà ad arginare una tale crisi sanitaria mondiale, anche perché ogni Paese non è in perfetta sinergia con gli altri.
Ogni paese cerca di rimediare come può, in Italia, per fortuna, abbiamo una antica predisposizione a considerare la salute un bene pubblico, anche se, frequenti casi di corruzione e di malasanità, ci farebbero pensare il contrario.
Ma la corruzione c’era anche ai tempi di Giovenale, da qui il pessimismo del grande poeta, che esortava i Romani a pregare gli dei per concedere a sé stessi (e ai propri cari) la salute dell’anima e del corpo, non perseguendo vanità effimere che portano alla distruzione dell’individuo e della società.
Henos Palmisano