Giovedì 18 Febbraio 2021 18:02
Duro colpo all’arrampicata sportiva
Non ci sono soltanto gli impianti sciistici a vivacizzare il dibattito pubblico sulla fruibilità della montagna, ma anche quelli strutturalmente
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Sport che annovera ormai centinaia di migliaia di praticanti in Italia e milioni in tutto il mondo, che verrà consacrato ufficialmente quest’anno a Tokyo come disciplina olimpica. Aspiriamo a salire sul podio e forse ci riusciremo per merito di ragazzi e ragazze che in silenzio hanno conquistando le “vette” della disciplina, allenandosi proprio sulle rocce sparse sul nostro territorio, producendo un miracolo che è stato possibile solo dal sacrificio personale di centinaia di atleti, chiodatori, guide e istruttori. Che però sembra non piacere a molti, che siano i proprietari dei terreni (quasi sempre abbandonati) dove insistono le falesie, o i politici che amministrano le zone d’arrampicata.
Con la chiusura in questi giorni della storica “falesia” di Ciampino a Roma sulla via Appia a due passi dall’aeroporto, frequentata da oltre trent’ anni dai free climbing romani, si chiude un quadro preoccupante che ha già visto sbarrare molti siti d’arrampicata in Sicilia, in Veneto, nel Lazio, in Calabria, in Liguria. Torna in auge l’interesse privatistico del latifondo, la rendita fondiaria a scapito dell’interesse sociale generale. Per questo gli arrampicatori romani si stanno organizzando, per ribadire il diritto a fare sport liberamente e soprattutto oggi, in periodo di pandemia, all’aperto e chiedono al Comune di Roma e di Ciampino e ai Parchi archeologico e regionale del Lazio di intervenire per affrontare insieme la questione.