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Lunedì 12 Maggio 2025 10:05

“Si vede che era destino”

Teatro Roma Di Luca Giacomozzi regia Francesca Nunzi, aiuto regia di Francesca Pausilli Con Attilio Fontana, Claudia Ferri, Emiliano Reggente Massimo (Attilio Fontana) e Damiano (Emiliano Reggente) sono fratelli; il primo, quello più grande, sta per sposarsi. Tra i due si nota un leggero attrito, forse perché il minore è più esuberante, scapestrato ed infantile [...]

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Con Attilio Fontana, Claudia Ferri, Emiliano Reggente

Massimo (Attilio Fontana) e Damiano (Emiliano Reggente) sono fratelli; il primo, quello più grande, sta per sposarsi. Tra i due si nota un leggero attrito, forse perché il minore è più esuberante, scapestrato ed infantile del maggiore, che sembra invece essere molto più posato e stabile. Tra i due intercorrono solo due anni di differenza, eppure i caratteri e l’approccio con la vita sono palesemente diversi.

La storia si svolge nell’originale casa di Massimo, una sorta di monolocale arricchito con discutibili opere d’arte moderna. Qui Damiano, imbarazzato, arriva cercando di spiegare al fratello che il suo addio al celibato non sarà come lui immaginava. Effettivamente, oltre a non aver saputo organizzare la festa con gli amici più intimi dello sposo, rischia di far saltare il matrimonio per un dissidio creato con i testimoni di nozze. Ciliegina sulla torta, la sorpresa che Damiano ha preparato per Massimo sta arrivando a casa.

L’incontro con Damiano è divertentissimo, Tamara si rivela subito la persona particolare che è. Il poverino coglie subito l’entità del guaio che gli sta cadendo addosso e asseconda le follie della donna con delle gag molto divertenti in cui interagisce con la bimba immaginaria. In questa turbolenta situazione, finalmente arriva Massimo.

si vede che era destino
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Anche lui capisce la situazione e comincia subito ad assecondare Tamara, che alterna momenti da vamp sensuale ad alterchi da madre infuriata con la bimba invisibile che girerebbe per la casa creando scompiglio. Si abbandona anche a sfoghi personali per la vita grama e sofferta che ha vissuto e che vive.

Unico affetto per questa sconsolata ragazza è la figura infantile che la segue, che poi sembra la proiezione della sua adolescenza perduta, a sottolineare il dramma della sua solitudine. Un personaggio che diventa il punto centrale della serata, rubando dapprincipio la scena ai due uomini per poi fondersi elegantemente nella storia.

Tra i tre si forma un bel legame affettivo che emoziona lo spettatore quando accade un incidente domestico che provoca uno stato di regressione in Massimo riportandolo allo stato giovanile. La perdita di memoria potrebbe compromettere il matrimonio e finisce per aprire una porta ai ricordi che lo legano a Tamara conosciuta evidentemente nella sua infanzia.

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Lo sviluppo della storia si fa sempre più interessante e romantica mentre i personaggi si legano sempre più in maniera inscindibile, anche perché Massimo evidenzia la sua parte più profonda e spontanea che contrasta con quella del suo personaggio iniziale. Anche Tamara e Damiano manifestano un’evoluzione nel rapporto sia con se stessi che con gli altri e questa è una parte molto interessante della commedia.

I due attori maschili hanno una recitazione diversa. Emiliano si è formato sicuramente con la vecchia scuola del cinema italiano; è un esuberante showman che ruba la scena, platealmente carico e travolgente. Da lui emergono echi di attori amati come Paolo Panelli, Carlo Verdone e un mix di altri artisti che hanno fatto delle pellicole in bianco e nero dei veri e propri cult.


Emiliano aggiunge a questo una grande gestualità e mimica che ricorda quella dell’ avanspettacolo.

Attilio, al contrario, sembra più influenzato da una scuola italiana più moderna, espressa da una comicità più seriosa e riflessiva in cui ho rivisto reminiscenze di Pino Quartullo, con quelle piacevoli tonalità che contengono dei leggeri picchi e i modi di esprimersi che tanto lo caratterizzano.

Come sempre Claudia è esuberante, frizzante, energica e prorompente. Si presenta sensuale ed accattivante come dovrebbe essere la ballerina che interpreta, inserendo l’aspetto influenzato dalla sindrome di Tourette che però ne evidenzia anche il lato più dolce, introverso e sofferto.

Già dalla prima scena si percepisce la caratura e la preparazione artistica dei due attori. Con l’ingresso plateale di Claudia, loro perdono ogni freno andando a briglia sciolta.

La regia di Francesca Nunzi enfatizza le doti del cast senza imprigionare gli attori, dona dinamismo ai personaggi e aria alle scene. Il testo di Luca Giacomozzi presenta scambi con dialoghi efficaci e ben sviluppati che gli attori sanno interpretare e personalizzare con gusto.

Bello il mutamento del legame fraterno che si rafforza mentre i ruoli si invertono: il fratello minore abbandona la superficialità, cresce e si prende cura del maggiore, che potrà tornare libero di esprimersi, spontaneo ed espansivo nella sua nuova dimensione.

La ballerina finisce per trovare la sua giusta collocazione emotiva e sociale in comunione con i fratelli e potrà formare con loro un nucleo familiare dove sentirsi protetta e sviluppare le attitudini rimaste soffocate. Abbandona la bambina immaginaria e si libera da quel rifugio perché ha superato la paura della solitudine e del giudizio altrui.

Finalmente potrà dedicarsi agli altri e a sé.

Commedia gradevole con una storia partita in sordina e gradualmente vivacizzata in un riuscito crescendo fino al bellissimo quanto inaspettato epilogo.

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