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Lunedì 1 Dicembre 2025 13:12

Riapre dopo 50 anni Santa Caterina dei Funari



A rendere possibile il restauro l’impegno dell’Asp - Istituto Romano di San Michele. Il fiore all’occhiello è l’opera di Carracci che raffigura santa Margherita. La benedizione del vicario Reina

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Dopo 50 anni ha riaperto al pubblico la chiesa di Santa Caterina dei Funari, nel rione Sant’Angelo. È accaduto martedì 25 novembre, con una cerimonia in concomitanza con la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne e con la ricorrenza del martirio di santa Caterina d’Alessandria. Un simbolico legame tra memoria, spiritualità e attualità, sottolineato anche dal cardinale vicario Baldo Reina, che ha benedetto la riapertura, mentre la prima solenne celebrazione eucaristica è stata presieduta da monsignor Andrea Manto, vicario episcopale per la Pastorale della salute.

A rendere possibile il restauro l’impegno dell’Asp – Istituto Romano di San Michele, che ha messo in sicurezza la struttura, rinnovato l’impianto elettrico con climatizzazione e con un nuovo allarme e un nuovo sistema di illuminazione che mette in risalto le opere ospitate dalla chiesa. È stata così possibile la riapertura proprio nel corso dell’anno giubilare. Per Tommaso Strinati, storico dell’arte, «la sua particolarità è quella di essere per antonomasia una chiesa giubilare, nata e completata nell’anno del Giubileo del 1600, il cui fiore all’occhiello è l’opera che raffigura santa Margherita, di Annibale Carracci, conclusa un anno prima di quel Giubileo. Dinanzi a quest’opera si dice che persino Caravaggio rimase tanto stupito da dire, ironicamente ma realisticamente: “Meno male che a Roma c’è un pittore”».

Questo vero e proprio scrigno di meraviglie artistiche è formato da una navata unica con tre cappelle per ogni lato e custodisce importanti opere realizzate da alcuni dei più grandi maestri del tardo Rinascimento, tra i quali Marcello Venusti e Girolamo Muziano oltre allo stesso Carracci. Il suo nome è legato alla storia dei vicoli del quartiere, dove si intrecciavano le corde dei “funai”, ovvero gli artigiani di corde e cime che impiegavano fibre come il giunco e la canapa, mentre l’accostamento con la lotta alla violenza sulle donne torna se si pensa che nel Cinquecento, prima ancora della sua attuale intitolazione, Paolo III la concesse a sant’Ignazio di Loyola il quale vi fondò un rifugio per ragazze povere.

«La giornata del 25 novembre nasce per commemorare Lea Garofalo, una vittima di femminicidio, mentre circa 1700 anni fa un’altra donna, santa Caterina, venne martirizzata non solo in odium fidei, ma anche perché rifiutò di sposarsi», ha spiegato durante l’omelia Manto. «La Chiesa vuole fare la sua parte per eliminare la violenza sulle donne e ribadire che l’amore è dono di sé, non possesso. Riaprire questa chiesa così intrisa d’arte, in questo giorno così importante, è un segnale molto forte ».

Soddisfazione e orgoglio, nelle parole di Giovanni Libanori, presidente dell’Asp – Istituto Romano di San Michele, per «aver restituito ai fedeli e ai turisti un luogo di culto, ma anche un bene che va continuamente tutelato, che è un immenso patrimonio artistico. Rappresenta un dono alla città di Roma – ha aggiunto -: è come ridare vita a una parte preziosa della nostra identità».

1° dicembre 2025

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