Servizi > Feed-O-Matic > 506764 🔗

Giovedì 4 Aprile 2024 11:04

Guerra Israele – Hamas, le ong: serve un’azione internazionale urgente



13 realtà, tra cui Save the Children, chiedono la protezione dei civili e la prevenzione di «crimini di atrocità» a Rafah, mentre prosegue l'escalation degli attacchi. Nonostante la risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu sul cessate il fuoco immediato

L'articolo
Guerra Israele – Hamas, le ong: serve un’azione internazionale urgente
proviene da
RomaSette
.

leggi la notizia su RomaSette





Nonostante l’approvazione della risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu che chiedeva un cessate il fuoco immediato e le ulteriori misure provvisorie emesse dalla Corte internazionale di giustizia a proposito della causa per genocidio sostenuta dal Sudafrica contro Israele, «gli Stati devono ancora agire con urgenza per garantirne l’applicazione e prevenire crimini di atrocità a Rafah, mentre prosegue l’escalation degli attacchi».

A  evidenziarlo sono 13 organizzazioni umanitarie e per i diritti umani, tra le quali Save the Children, che ricordano come soltanto la scorsa settimana il governo israeliano ha chiarito la propria intenzione di espandere le operazioni militari a Rafah, indipendentemente dalla risoluzione «giuridicamente vincolante» del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. «Nell’ultima settimana a Rafah questo scenario ha iniziato a realizzarsi. I bombardamenti israeliani, infatti, solo tra il 26 e il 27 marzo hanno ucciso almeno 31 persone, tra le quali14 bambini. Le organizzazioni umanitarie e per i diritti umani – evidenziano – hanno lanciato l’allarme ripetutamente su una pianificata incursione di terra israeliana a Rafah che promette di decimare la vita e compromettere la possibilità di aiuti di prima necessità per oltre 1,3 milioni di civili, tra questi ci sono almeno 610mila bambini che sarebbero ora sulla linea diretta del fuoco».

Nel caso in cui l’incursione di terra divenisse realtà infatti «non esiste un piano di evacuazione fattibile o condizioni che possano proteggere i civili». Oltretutto, «per rispettare il divieto assoluto di trasferimento forzato e deportazione di civili previsto dal diritto internazionale umanitario, Israele è obbligato ad adottare “tutte le misure possibili” per fornire ai civili evacuati beni di prima necessità per la sopravvivenza e garanzie di un ritorno sicuro e dignitoso una volta terminate le ostilità». Misure come la garanzia di sicurezza e protezione adeguate, alloggi, acqua, servizi igienico-sanitari, assistenza sanitaria e nutrizione. «A oggi non esiste alcun posto del genere né all’interno né all’esterno di Gaza – rimarcano le organizzazioni -. I bombardamenti israeliani della Striscia, dopo sei mesi di ostilità, hanno danneggiato o distrutto più del 60% delle unità abitative e annientato la maggior parte delle infrastrutture nella parte settentrionale e centrale di Gaza».

Il risultato è che «a Gaza non c’è nessun posto sicuro in cui le persone possano rifugiarsi. Le forze israeliane hanno ripetutamente attaccato aree che in precedenza avevano definito “sicure”». Ad esempio, gli attacchi aerei israeliani dentro e intorno alla cosiddetta zona sicura di Al-Mawasi hanno ucciso almeno 28 persone, mentre le forze di terra israeliane entravano e occupavano la zona settentrionale. «In tutta Gaza, anche quando le organizzazioni umanitarie hanno dato informazioni alle forze israeliane rispetto alle sedi per le operazioni di aiuto e ai membri del personale, queste aree hanno continuato a essere attaccate – riferiscono le realtà firmatarie del documento -. Gli operatori umanitari sono stati uccisi, i convogli umanitari sono finiti sotto il fuoco israeliano e i rifugi e gli ospedali sostenuti dalle organizzazioni vengono danneggiati o distrutti sotto i bombardamenti. Le nuove proposte del governo israeliano di costringere i civili nelle cosiddette “isole umanitarie” probabilmente fornirebbero un’altra falsa pretesa di sicurezza – osservano – e spingerebbero invece i civili in aree piccole, ristrette e con scarse risorse dove rischiano di essere attaccati, sia che si trovino all’interno o all’esterno di queste “isole”».

Ancora, «non c’è nessun posto a Gaza che abbia a disposizione assistenza e servizi sufficienti per garantire la sopravvivenza della popolazione». Anche a Rafah, servizi e infrastrutture essenziali funzionano «solo parzialmente», compresi ospedali, panifici e strutture per il rifornimento idrico. Le strutture igienico-sanitarie sono ormai al collasso. «Il centro e il nord di Gaza sono devastati, con interi sistemi, infrastrutture e quartieri cancellati dalla mappa, mentre continuano le restrizioni di accesso all’area per le agenzie di assistenza umanitaria». Proprio per questo, «un’ulteriore escalation delle operazioni militari israeliane a Rafah avrebbe anche conseguenze catastrofiche per la risposta umanitaria già fortemente ostacolata in tutta Gaza, poiché maggior parte del coordinamento degli aiuti e delle infrastrutture istituite dall’ottobre 2023 ha sede proprio a Rafah».

Di qui l’appello alla comunità internazionale. «Tutti gli Stati – scrivono – hanno l’obbligo di proteggere le popolazioni dai crimini di atrocità. I bambini e le famiglie di Rafah vivono in un costante stato di paura e pericolo. Il governo israeliano ha annunciato l’intenzione di espandere le operazioni militari nella zona e questo rischio si è ulteriormente aggravato dal 31 marzo, quando il gabinetto di guerra israeliano ha approvato i piani per le operazioni di terra nel governatorato più a sud. Sebbene alcuni Stati abbiano espresso pubblicamente disapprovazione – riconoscono -, le pressioni diplomatiche e le dichiarazioni internazionali non sono state finora sufficienti a produrre risultati e ad evitare l’incursione pianificata. Tuttavia, esistono una serie di misure di protezione a disposizione degli Stati, che sono obbligati a rispettare e garantire il rispetto del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani, come dimostrato in precedenza in altre crisi internazionali».

Gli Stati, insomma, devono intraprendere «azioni urgenti per garantire l’attuazione immediata di un cessate il fuoco permanente» ed esplorare «tutte le opzioni disponibili per proteggere i civili, in linea con i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani». Ciò include «l’interruzione immediata del trasferimento di armi, parti di ricambio e munizioni laddove vi sia il rischio che vengano utilizzate per commettere o agevolare gravi violazioni del diritto internazionale umanitario o dei diritti umani. Qualunque azione in meno non è semplicemente un fallimento – rimarcano -. Qualunque azione in meno non rispetterà gli obblighi morali, umanitari e legali».

4 aprile 2024

L'articolo
Guerra Israele – Hamas, le ong: serve un’azione internazionale urgente
proviene da
RomaSette
.

Questo sito utilizza cookie tecnici, anche di terze parti, per migliorare i servizi offerti e ottimizzare l’esperienza dell’utente. Si prega di leggere l'informativa sulla privacy. Chiudendo questo banner si accettano le condizioni sulla privacy e si acconsente all’utilizzo dei cookie.
CHIUDI