Via del Velabro
Il Velabro (dal latino Velabrum), situato fra il Palatino ed il
Campidoglio, delimitato dal Vicus Cuscus, era in origine un terreno paludoso
di Roma antica, detto lacus curtis; il luogo, ripetutamente bonificato, era ritenuto malsano per le
frequenti inondazioni. Poi, bonificato definitivamente con la Cloaca Massima da Tarquinio Prisco, divenne
centro industriale e commerciale molto frequentato; vi era il sacello di Acca Larenzia.
L'etimologia del termine Velabrum, molto discussa, potrebbe derivare dall'etrusco vel, che significa stagno,
e secondo la leggenda sarebbe il posto in cui il pastore Faustolo avrebbe trovato, arenata, la cesta contenente
i due gemelli Romolo e Remo. Nel Medioevo il nome fu alterato in Velum Aureum.
Nella strada si trovano tre gioielli:
Arco Di Giano
Detto anche Giano Quadrifronte, per la presenza di con un fornice su ciascuno dei quattro lati, deriva il nome
da janus, un passaggio coperto che sorgeva al centro degli incroci fra strade importanti.
E' un passaggio coperto, posto al centro della strada, costruito nel IV secolo a.C., forse per offrire un riparo
dalle intemperie ai mercanti di bestiame. Trasformato in fortezza dai Frangipane nel XIII secolo, solo nel 1829
l'arco fu completamente liberato dalle sovrapposizioni operate.
L'Arco, opera del periodo Costantiniano, rivestito di travertino e marmo bianco, è ornato da due ordini di
piccole nicchie e raffigurazioni di Roma, Giunone, Minerva e Cerere.
Arco Degli Argentari
Addossato al fianco della Chiesa, fu eretto nel 204 dai banchieri e dai commercianti in onore di Settimio Severo
e di sua moglie Giulia Domna, rappresentati nei rilievi del fornice, e dei loro figli Caracalla e Geta.
L'Arco, non di grandi dimensioni, ha all'interno del fornice l'effigie di Caracalla, mentre le effigi ed il
nome di Geta, di sua moglie Plautilla e il suocero Plauziano, furono rimosse dopo che Caracalla li ebbe uccisi
e condannati alla "damnatio memoriae".
Di fronte all'arco, sotto antiche arcate (attraverso un corridoio e superato un cancello), si possono ancora vedere
le acque della Cloaca Massima che dall'Argiletum traversano il Foro per scendere al Tevere.
Chiesa Di San Giorgio In Velabro
La Chiesa sorge, probabilmente, su una antica abitazione, datata fra il II e VI secolo, i cui resti sono visibili
nelle fondazioni. Secondo il "Liber pontificalis" sarebbe stato papa Leone II ad erigere la Chiesa,
dedicandola a San Sebastiano; il papa Zaccaria vi aggiunse la dedica a San Giorgio, soldato che, nell'anno 303,
al tempo di Diocleziano, fu martirizzato, e di cui il papa aveva portato importanti reliquie dalla Cappadocia.
Fu restaurata da Gregorio IV con l'aggiunta del portico e della sagrestia.
Sull'architrave del portico un'epigrafe latina documenta restauri operati agli inizi del duecento.
La Torre campanaria è di forma romanica.
Nel 1295 il Cardinale Jacopo Stefaneschi, eletto diacono titolare, commissionò la decorazione dell'abside.
Sotto Clemente IX venne restaurato il portico ed installata la cancellata in ferro.
Pio VII affidò la Chiesa alla Confraternita di Santa Maria del Pianto e nel 1819 il Cardinale A.Savelli
iniziò una colletta per i restauri, iniziati nel 1828 e proseguiti per circa un secolo. Di rilievo l'intervento
eseguito da Antonio Munoz, che ripristinò il profilo romanico.
Nella Chiesa si conservava il Gonfalone di San Giorgio, della fine del duecento (a cui è legato il ricordo
della conquista del potere da parte di Cola di Rienzo), donato nel 1966 da Paolo VI al Comune di Roma.