Piazza Navona
Uno dei complessi urbanistici più armoniosi, spettacolari e caratteristici della Roma barocca, delimitata dagli edifici che sorsero sui resti dello stadio Domiziano, di cui inglobano i resti le case sul lato nord della piazza.
All'inizio è un circo, senza leoni e gladiatori essendo l'imperatore Domiziano uomo pacifico ed amante delle corse dei cavalli e delle gare di atleti: gli agoni, da cui per corruzione deriva il nome della Piazza Navona (agone, nagone, navone, navona).
Inaugurato nell'anno 81 d.C. la Stadio Domiziano è lungo 240 metri e largo 65, e l'attuale piazza conserva la forma e le dimensioni della antica pista, con la sola differenza che il terreno è stato alzato di 6 metri, coprendo la cavea e le tribune di travertino sulle quali si affollavano oltre 30.000 spettatori per assistere agli agonali. Alcuni resti dello stadio sono visibili nella retrostante Piazza Tor Sanguigna e nei sotterranei della chiesa di Sant'Agnese.
Nel corso del tempo la piazza ha sempre conservato il suo carattere festaiolo: feste popolari, corse e giostre si svolsero attraverso i secoli nella piazza.
Dal 1653 per oltre un secolo da sabato mattina a domenica notte, la piazza veniva allagata, in due ore l'acqua la riempiva tutta e ci entravano, ornati a festa, gli equipaggi dei prelati e dei principi, intorno ai quali si sfrenava la più vivace gazzara del popolino; qualcuno ci navigava sulle carrozze a forma di gondole, altri ci nuotavano mentre i cavalli zampettavano e talvolta affogavano.
Nel 1810, in occasione dell'onomastico di Napoleone I, si organizza una gran corsa di cavalli, con fantini vestiti da antichi romani: per i vincitori nessun premio in denaro ma un posto al Comune.
Oggi dal 1 dicembre al 6 gennaio, la piazza si riempie di bancarelle: un mercato di figurine da presepio, di giocattoli, di dolciumi e di pifferai che scesi dall'Abruzzo creano l'atmosfera natalizia suonando le loro antiche nenie. La piazza è sempre molto affollata di giorno ci si va a prendere il sole, la sera il gelato e la notte a tirar l'alba.
Tre fontane ornano la piazza:
- la Fontana del Moro, di fronte al palazzo Panphili, così detta per la statua dell'etiope che lotta con un delfino, opera di Giovanni Antonio Mari nel 1654 su bozzetto del Bernini, voluta da donna Olimpia Maidalchini, cognata di Innocenzo X, per arricchire la vasca polilobata di Giacomo Della Porta, 1575, che Gregorio XIII aveva fatto collocare nella piazza. I Tritoni e gli altri ornamenti intorno sono copie di Luigi Amici, 1874, in sostituzione di quelli preesistenti, dovuti a vari scultori della fine del Cinquecento, ora utilizzati per fontane nel Giardino del Lago
di Villa Borghese, come le quattro maschere che si alternano ai Tritoni e che provenivano dalla fontana che lo stesso Della Porta aveva eretto nel 1573 in Piazza del popolo e che
fu rimossa dal Valadier nel 1823. La piscina scavata attorno alla vasca, di cui ripete il bellissimo disegno, è dovuta anch'essa al Bernini, su idea del Borromini.
- la Fontana del Nettuno, già detta dei calderari, con bacino e vasca polilobati, pure del Della Porta nel 1576, rimase disadorna fino al 1878 quando per creare riscontro con quella del Moro fu indetto un concorso e furono collocate le sculture Nettuno che lotta con la piovra del Della Bitta e Nereidi, putti e cavalli marini di Zappalà.
- al centro della piazza domina una delle più belle e fantasiose opere del Bernini, che si conquistò con essa il favore di Innocenzo X, dapprima a lui ostile, la grande Fontana dei Fiumi. Nel mezzo di un vasto bacino rotondo si leva una scogliera scavata da grotte, donde escono ad abbeverarsi nella vasca, alimentata da otto veli d'acqua, un leone ed animali fantastici. Sulla scogliera siedono le statue di travertino, un tempo colorate, rappresentanti il Nilo, il Gange, il Danubio, e il Rio della Plata simboli della quattro parti del mondo allora note realizzate rispettivamente da Giacomo Antonio Fancelli, Claudio Poussin, Antonio Raggi e Francesco Baratta. Sopra la scogliera, vuota nel mezzo, il Bernini alzò arditamente un obelisco, imitazione romana del tempo di Domiziano, proveniente dal circo di Massenzio, sulla cima la colomba di bronzo dello stemma dei Pamphili alta 1,78 metri .
La leggenda attribuisce ai gesti delle statue dei Fiumi significati dettati dalla rivalità e inimicizia fra Bernini e Borromini, autore dell'antistante chiesa di Sant'Agnese in Agone: il Plata alza la mano per scongiurare la caduta della facciata della chiesa. Il Nilo ha il capo velato, per l'allusione alle sue sorgenti all'epoca ignote e per non vedere gli orrori della costruzione borromiana che a sua volta la Statua di Sant'Agnese, alla base del campanile della chiesa, assicura con la mano sul petto che non cadrà.
Per far fronte alle spese della sua costruzione, oltre 29 mila scudi, il Papa Innocenzo X mise una tassa sul pane per cui il popolo protestò fino a quando nel 1651 il Bernini presentò la sua opera finita ed allora anche la plebe applaudì.
La Chiesa di Sant'Agnese in Agone fu eretta nel luogo ove, secondo la tradizione, la Santa fu esposta nuda alla gogna e fu ricoperta dai suoi capelli scioltisi prodigiosamente. La costruzione iniziata sotto Innocenzo X nel 1652 da Girolamo e Carlo Rainaldi fu ultimata dal Borromini tra il 1653 e il 1657.