Portico d'Ottavia e Ghetto
Il Portico d'Ottavia fu realizzato sui resti di un edificio eretto da Q. Cecilio Metello il Macedonico nel 146 a.C. dagli architetti Sauro e Batraco, tra il 27 ed il 23 a.C. per incarico di Augusto, che lo dedica a sua sorella Ottavia, da cui il nome del portico.
Era un portico a doppio colonnato, di forma rettangolare (largo metri 119 e lungo 132), ornato da numerose opere di scultura e pittura. Creato per facilitare l'ingresso al teatro di Marcello, che si trova alla sue spalle e poi destinato al pubblico passeggio. Le firme dei due architetti, i quali anziché il loro nome mettono il disegno di un animale, si possono ancora vedere alla base del portico: una lucertola sta per Sauro e una rana per Batraco.
Successivamente fu ricostruito da Settimio Severo e poi da Caracalla. I resti appartengono al restauro severiano e si riferiscono al propileo d'ingresso formato da colonne corinzie su due file. Rimangono due colonne della fila anteriore, tre della posteriore e parte della trabeazione, nonché l'arco terminale del portico di destra.
Altri resti sono visibili dalla parte del Teatro di Marcello. A destra dell'arco, in basso, una lastra di marmo con dicitura in latino, che significa: "le teste dei pesci più lunghi di questo marmo, datele ai conservatori fino alle prime pinne" e si riferisce ad un antico mercato del pesce, ricordato dall'appellativo della della chiesa di Sant'Angelo in Pescheria.
Il Portico d'Ottavia è il centro storico della zona di Roma denominata Ghetto.
Il termine Ghetto viene dal veneziano ghèto (getto), nome con cui si indicò in origine una fonderia esistente a Venezia nell'isoletta poi assegnata agli Ebrei nel 1516 quale loro dimora. La parola divenne dal secolo XVI in tutta Europa il nome del quartiere cittadino di dimora coattiva degli ebrei.
A Roma gli ebrei si stabilirono nella zona attorno al Portico d'Ottavia e poi furono obbligati a restarci.
Nel 1200 Papa Innocenzo III li costrinse a portare sull'abito una O gialla come segno distintivo, ma fu Papa Paolo IV che, nel 1555, fece alzare un muro per delimitare la zona del Getto con solo 3 porte che venivano chiuse al calar del sole: tutti gli ebrei dovevano obbligatoriamente rientrare in quanto risiedevano stabilmente solo all'interno.
Agli ebrei era vietato esercitare qualsiasi attività o commercio all'infuori dei robivecchi. Nel '600 gli ebrei residenti erano 6.000.
Fu la Repubblica Romana che nella notte del 17 aprile 1848, fece abbattere il muro e agli inizi del '900 il Ghetto venne definitivamente smantellato e gli ebrei non furono più formalmente separati dagli altri cittadini.
Nel 1907 Roma ebbe per la prima volta, in Ernesto Nathan, un Sindaco israelita.
Nel 1939 dopo l'alleanza con la Germania nazista, il fascismo ha un sussulto razzista e il 16 ottobre 1943 i soldati tedeschi, circondato il vecchio Ghetto, rimasto con la massima concentrazione ebraica, rastrellano 2091 ebrei romani, deportandoli nei campi di concentramento in Germania.
Nel fittissimo tessuto edilizio, facente parte del rione Sant'Angelo, spiccano le "isole" dei Mattei e dei Cenci Bolognetti, mentre parte del ghetto, quella a Sinistra di Via del Portico d'Ottavia fino al Lungotevere, fu demolita agli inizi del '900 per allargare la strada e dar posto agli attuali brutti edifici. Sempre a sinistra si trova la parte posteriore della Sinagoga o Tempio Israelitico, grande edificio degli architetti Armanni e Costa del 1904, ispirato a motivi assiro-babilonesi, con cupola a padiglione rivestita di alluminio. All'interno della Sinagoga è allestita una Mostra permanente della Comunità ebraica di Roma.
Nella parte destra della strada si trovano ancora molti negozi che conservano l'antico sapore israelita.
Sempre nella stessa via vi è la casa dei Manili, che ricorda sulla facciata il 1468, anno della sua edificazione.