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Pantheon

Piazza della Rotonda - 00186 Roma
Pigna [R.IX]
Centro Storico [1A]

Uno dei più augusti e grandiosi edifici della Roma antica giunti fino a noi ed il meglio conservato.

Per la sua mole eccezionale, per il particolare carattere della sua planimetria (un edificio a pianta circolare unito ad un pronao di tipo greco), per il suo armonioso insieme e per la sapienza costruttiva con cui è stata voltata la cupola, può ritenersi il più importante esempio di tecnica costruttiva dell'architettura romana.
Popolarmente detto La Rotonda, da cui prende il nome la Piazza su cui affaccia.

Costruito nel 27 a.C., da Marco Vespasiano Agrippa, genero di Augusto, durante il suo terzo consolato, come attesta l'iscrizione latina del frontone, "M. Agrippa L. f. cos. III fecit" (appartenente al rifacimento adrianeo), di cui restano tracce, nel Campo Marzio, in adiacenza delle Terme, anch'esse costruite da lui.

Fu dedicato alle sette divinità planetarie da cui il nome greco di Pantheon, di tutti gli dei.

Sappiamo da Plinio che l'edificio fu decorato allora da Diogene l'ateniese, del quale si ammiravano le cariatidi nel portico e le sculture del frontone. Le colonne avevano capitelli bronzei.

Distrutto dall'incendio dell'80 d.C., restaurato da Domiziano, colpito dal fulmine nel 110 sotto Traiano, fu completamente rifatto da Adriano, con altri edifici agrippiani del Campo Marzio (118-125), poi restaurato da Settimio Severo nel 202 e successivamente da Caracalla, come attesta l'iscrizione in caratteri piccoli, sotto quella di Agrippa.

Chiuso dai primi imperatori cristiani, saccheggiato dai barbari, fu donato dall'imperatore Foca al papa Bonifacio IV che lo dedicò (609) alla Madonna e a tutti i Martiri (Santa Maria ad Martyres).
Spogliato delle tegole di bronzo dorato, dall'imperatore d'Oriente Costante II (663), ebbe un tetto di piombo da Gregorio III (735).

Durante il Medioevo fu considerato come uno dei gioielli e dei simboli della città, e tuttavia adoperato talora come fortilizio nelle lotte cittadine.

All'inizio del Rinascimento ebbe parecchi restauri e spogliazioni: sotto Alessandro VII il Bernini eresse 2 campanili sul pronao (le "orecchie dell'asino") abbattuti nel 1883. Urbano VIII Barberini fece toglie la travatura bronzea del portico per farne fare dal Bernini il baldacchino di San Pietro e con il restante bronzo fece costruire 100 cannoni per Castel Sant'Angelo, per cui Pasquino disse "quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini" (quello che non fecero i barbari, lo fecero i Barberini).

Le strutture attuali appartengono alla ricostruzione di Adriano, come provano i bolli sui mattoni delle sue murature.
Lo precede un pronao, che con 16 colonne corinzie monolitiche, di granito rosa e grigio con basi e capitelli di marmo, sostiene il frontone triangolare.

La sensazione di semplicità monumentale, che subito si avverte all'interno, è dovuta al fatto che l'altezza è identica al diametro: è una sfera perfetta inserita in un cilindro alto come il suo raggio, fatto questo che contribuisce a dare all'interno del Pantheon un senso di straordinario equilibrio architettonico.

Il corpo della rotonda, in mattoni diviene sempre più leggero dal basso verso la cupola, è alto m.43,30 (come detto pari al suo diametro), e la cupola è la più larga del mondo, fra quelle costruite in muratura.

Al centro della cupola c'è un'apertura di 8 metri e 92, il cosi detto occhio, che illumina tutto l'interno.

Per la sua realizzazione, non essendo possibili i sistemi tradizionali, Adriano la fece riempire, via via che cresceva, di terra mista a monete d'oro.
Realizzata la cupola disse al popolo di portar fuori la terra e che le monete trovate potevano tenersele.

In un battibaleno, nell'anno 1668, il tempio fu vuotato dalla terra e la cupola fu sospesa.

Clemente IX circondò il pronao con una cancellata in ferro, smontata dopo l'unità d'Italia, per evitare che il mercato della piazza antistante invadesse anche il luogo di culto.

Pio IX procedette a restauri (fu rinnovato il pavimento) ed a lavori di isolamento, proseguiti, insieme ad altri di scavo, dal governo italiano.

Nel 1500 iniziò la tradizione di seppellire nel Pantheon i grandi artisti tra cui Raffaello, ma benché certo che vi sia la tomba di Raffaello, non è certo se nel sarcofago ci siano le sue ossa. Papa Gregorio XVI nel 1833 le fece cercare e fu attribuito a Raffaello uno scheletro trovato in una nicchia. Sul sarcofago furono incisi i famosi versi in latino del poeta, del 1500, Piero Bembo che iniziano con "Qui giace Raffaello.....".

Fu cappella palatina del Regno d'Italia e vi furono sepolti Vittorio Emanuele II, Umberto I e la Regina Margherita. Vittorio Emanuele III ed Umberto II morti in esilio nel 1947 e 1983 non furono sepolti nel Pantheon.

Attualmente la Curia Romana ha trasformato il monumento in basilica cattolica aperta al culto.

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